domenica 6 novembre 2011

Mi ricordo gli asini

Da ragazzino, in Sardegnaland, se ne vedeva di gente a dorso d'asino.
Sotto ogni casa c'era una piccola stalla. Non come adesso che ci hanno ricavato i box per la 500 abarth o i monolocali da affittare ai turisti.
Per far partire l'asino bisognava dirgli qualcosa tipo "Prrruuusssaaahhh". Mai capito cosa volesse dire. Però funzionava.
Avere la stalla sotto casa comportava un discreto afrore di letame e valanghe di mosche verdi metallizzate in giro ovunque. Ma qualche lato positivo c'era: tipo che quando non sapevi che cazzo fare andavi giù a dare le carote o il fieno al quadrupede.
Una volta ho visto uno che si era beccato un doppio calcio perforante dal burrito d'ordinanza. Praticamente l'asino gli aveva stampato i ferri sul torace. Un'impressione!
Mi ricordo anche le orrende cartoline di sughero tipo questa qui sopra. Non credo di aver mai avuto il coraggio di comprarne o spedirne una.

1 commento:

CREPASCOLO ha detto...

Prusah, invero.

Lavoro da anni per un gestore di telecomunicazioni. Il ventesimo secolo era agli sgoccioli e stavo per lasciare una Task Force X il cui compito era fidelizzare i clienti. La mia deontologia mi impediva di accettare regali da persone che ritenevano di sdebitarsi per il mio contributo, ma alla fine ero stato costretto ad accettare un invito a cena da un signore che chiamerò Bertino Ics perchè era stato un uomo di idee - secondo la felice definiz del Tonycurtis impegnato in Operaz Sottoveste - per il partito di Turati e Pertini nel decennio in cui potevii pogare con Gianni De Michelis, ammesso che ambissi a tanto. Bert credeva di annusare lo spirito del tempo in tempo utile x fare l'utile come Gino Sansoni, ma arrivava sul bersaglio sempre troppo presto o quando non era + il caso: nel decennio dei peplum, cercò di infettare la Sardegnaland con il morbo dei Drive-In. Comprò parecchio terreno, anche scosceso, a peso d'oro. Tante di quelle stalle rase al suolo. Produsse una pellicola in cui Sansone affrontava Prusah, la sacerdotessa di A-barth, demone vagamente lovecraftico che ricordava un mulo a cui fossero stati appiccicati tentacoli di gomma. La scena clou consisteva in Prusah che tenta di sedurre Sansone ( un giovane De Michelis dal boccolo bisunto di gel )attraverso una danza caliente che non riscuoteva, però, il successo sperato. DeMi rispondeva alla sfida lanciandosi in una coreagrafia che nemmeno al Piper. Dal solito varco dimensionale arrivava A-barth che, dopo aver scalciato lontano il suo avatar, se ne andava incontro al crepuscolo con il ricciolino. Al Sundance, oggi, un inedito di Ed Wood con un plot del genere scatenerebbe una standing ovation. Roba da riempire i voli di tutti i critici italiani che si fionderebbero nei ristoranti, riempendogli, di Park City per invitare Bob Redford e chiedergli come è riuscito a mettere le manine su di un simile gioiello. Quarantacinque anni fa, nella terra del carassau, la struttura fu smontata in tempo zero. Nel tempo è rimasta solo quella parolina che, almeno, mette in moto gli asinelli...