sabato 4 marzo 2017

Voli Kingdarici



Fin troppo facile la metafora dell'elicottero, per il Kong di Jordan Voigt-Roberts. Un po' perché il film apre e chiude con un volo di elicotteri. È un po' perché è fatto proprio come un elicottero: niente ali per volare, zero portanza e quel senso di precarietà che solo il buon vecchio Bell UH-1 Iroquois alias Huey può regalarti. Effetti collaterali della sceneggiatura colabrodo scritta da Dan Gilroy e Max Borenstein, un patchwork scombiccherato dove trovano posto citazioni da Cuore di tenebra (Nome del male lead: Conrad...), Aliens, Jurassic Park, più i doverosi cliché del genere, più un tot di buchi di sceneggiatura, dallo scienziato visionario che ben conosce la pericolosità dei Kaiju ma per dar loro la sveglia pensa bene di usare gli esplosivi, ai piloti di elicottero che non battono in ritirata neanche di fronte al quarto zanzarone tirato giù a manate, all'equazione erbivoro = buono/carnivoro = cattivo. In termini di sottigliezza, si brancola dalle parti di un B-Movie Anni '60. Miracolosamente, però, il gioco funziona: il mix di ingenuità disarmante, testosterone e scene d'azione fuori scala punta dritto alla panza del medio fanciullino interiore ed esteriore, creando un'ottima bromance opportunity per padri e figli rigorosamente maschi. Il difetto capitale sta nell'impalpabilità dell'insieme: se il Kong di Peter Jackson colpiva al cuore per la sua aderenza all'originale e il compiacimento quasi disneyano nella descrizione dell'amorazzo contronatura fra la bella e la bestia, il suo metaforico erede è più up-to-date anche nella rozzezza della performance: botte da orbi e poco altro. divertente, sì, indimenticabile no. L'unica cosa che resta è Hiddleston, sempre più a suo agio nel ruolo di James Bond: quello, forse, un buon presagio di cose a venire.