venerdì 22 aprile 2016

Purple Rain



Vai Principe di Minneapolis, insegna agli angeli che il viola porta sfiga

Capita in America: Civil War


Insomma, alla fine se ne esce un po' così
Recensire Captain America - Civil War con lo stesso criterio con cui si recensisce la qualunque sarebbe un esercizio sterile, e in fondo inutile. Perché in realtà, il terzo Capitan America è un oggetto cinematografico che diluisce gli ottimi enzimi complottardi del precedente The Winter Soldier nella rissa permanente di Avengers - Age of Ultron, irrobustendo il cocktail con un paio di pupazzetti nuovi. Con una dozzina di main characters sulla scena, più i personaggi di contorno, spazio per una trama vera e propria non ne resta: e infatti, il film corre dietro per oltre due ore e mezza allo schizoide Bucky Barnes, ambiguo super-soldato in odore di Hydra e Kgb ontologicamente inseguito da buoni, cattivi e cattivelli di ogni ordine e grado. Chi aveva apprezzato le ambizioni "alte" dell'episodio precedente o dei fumetti di Brubaker & C. può mettersi il cuore in pace: qui si torna al format del telefilm gonfiato con gli estrogeni delle solite produzioni Marvel Studios. Il che, va detto, non è necessariamente un male, vista la conclamata vocazione seriale dei cinefumetti e la capacità dei Russo Bros. di far convivere sulla scena dodici maschioni dodici (donne comprese) dando a ognuno il giusto spazio. Ma senza il background alla Lumet del film precedente e senza un vero villain a motivare la bagarre, che l'odiato Zemo è poco più che un McGuffin, l'effetto complessivo è un po' lo stesso che si prova osservando un ragazzino giocare con le action figures che hanno prontamente invaso i centri commerciali: si parte sereni e poi, man mano che la storia perde l'abbrivio garantito dalle vaghe premesse, inevitabilmente si rischia l'indigestione di cazzotti e tongue-in-cheek. Diabolica, sempre, la capacità tutta Disney di spremere ogni oncia di succo dalle property di Casa; fra un botto e l'altro, ci si concede il lusso di pubblicizzare Star Wars sfruttando la parlantina di Spider-Man, unica autentica sorpresa del mappazzone. Di fronte a questo, c'è da levarsi il cappello. Al resto penserà il core target: tredicenni che di fronte all'allegro Marvel Massacre sembrano essersi divertiti più che di fronte alla grandeur perturbante della distinta concorrenza. Il seguito, alla prossima puntata.

lunedì 18 aprile 2016

martedì 12 aprile 2016

Spiriti animali

Seduction of the innocent
Sarebbe piaciuta al vecchio Walt questa nuova versione dei racconti del  "Jungle Book" di Rudyard Kipling? Per certi versi, senz'altro: anche una vecchia pellaccia come lui avrebbe sgranato gli occhioni di fronte al blend di immagini live-action e animazione digitale che fa di questo film un ibrido visivo degno del King Kong di Peter Jackson, l'oggetto cinematografico cui più somiglia. Difficile dire, invece, se Disney avrebbe gradito il senso generale del racconto: un coming of age che poco concede all'enfasi retorica e al sentimento, e soprattutto nelle battute finali traghetta il film in una dimensione da team-up supereroistico a due e quattro zampe. E sì, è vero, in realtà nei vari Libri delle Giungla di Kipling c'era anche e soprattutto questo, una perfetta metafora del colonialismo inglese e relativa superiorità del capitale (i "trucchi" del cucciolo d'uomo) rispetto alla legge di natura. Ed è vero anche questi non son più tempi in cui è lecito sdilinquirsi dietro ai begli occhi di una ragazzina in sari, che eventualmente quella è roba che verrà buona per il sequel, come pure che nel dilemma fra amore e guerra chi mena per primo mena du' vorte.
O forse, a pensarci bene, il segreto sta proprio in queste dissonanze fra vecchio e nuovo. Perché c'è da scommettere che di fronte a un Libro della Giungla così cazzuto ambizioso e post-moderno, ai più verrà voglia di fare il confronto con l'originale deliziosamente frivolo e beat di Wolfgang Reitherman. E lì sì che sarà vera irresistibile magia, con tanti bei Dvd e Blu-Ray e Digital Copy a rinverdire gli incassi. Perché anche quella è arte, un'arte che solo la Disney padroneggia con cotanto crudele savoir faire: alla concorrenza, solo poche briciole, lo stretto indispensabile.

domenica 3 aprile 2016

Fuori gioco



Applausi dalle gradinate per Cesare Maldini, che se n'è andato insieme al suo creatore grafico, Gallieno Ferri. Per fortuna, Teocoli resiste.

Videoburrito politicamente coretto





Julio Preciado dimostra che l'amor è proprio fou. Ma proprio da manicomio.