sabato 24 gennaio 2015

L'imperdibile Urbe


Corre voce che il Mercurio Loi del duo Bilotta-Mosca sia la prova generale di un nuovo, imminente serial Bonelli.
Se è vero, è una gran bella notizia: perché lo Sherlock romanesco messo in scena su LeStorie dopo l'exploit di Il lato oscuro della Luna sembra avere tutte le carte in regola per ricavarsi un posto d'onore accanto agli altri eroi di via Buonarroti.
Al netto dell'ottimo character design, il merito è tutto di un Bilotta più essenziale e vicino al Dylan Dog "alternativo" delle Cronache dal pianeta dei morti che ai virtuosismi dei suoi precedenti exploit sulla collana monografica della Casa di Tex.
Come in Nobody, si soffre un po' solo nel finale, un po' stretto di collo anche in questo caso. E la città eterna, comprensibilmente "disinfettata" dalle sue derive dialettali/cazzare/albertosordiche causa policy aziendale, sa più di set cinematografico che di elemento narrativo organico: la Gotham City di Batman, la New York delle omonime gang o banalmente la Roma de Lo Sconosciuto di Magnus sono (ancora) lontane.
Ma questi son tecnicismi, robe da addetti ai ai livori, pippe mentali: al modico prezzo di copertina il lettore medio si porta a casa un "pilota" ricco il giusto, movimentato il giusto, col giusto tasso di storie d'amore e di coltello. E in sottofondo, le infinite possibilità narrative garantite da duemila anni di cronache, miti, leggende, pasquinate, opere liriche, romanzi, stornelli, commedie, satire, drammi.
Curiosamente, finora l'Urbe il fumetto mainstream l'ha bazzicata poco (e no, Asterix nel computo non conta). Ecco un'occasione per esplorarla in lungo e in largo, con un personaggio che buca la pagina e a fine corsa lascia quel quid di desiderio inappagato che solo il miglior fumetto seriale regala al lettore.

mercoledì 21 gennaio 2015

Cip cip urrà (o la recensione di Birdman)





Se vai a vedere Birdman pensando che parli di super-eroi lo stai facendo decisamente sbagliato.
A meno che non ti accontenti di quel momento in cui Batman parla con Hulk e poi arriva Gwen Stacy e tu sei lì che fai uh-oh e trovi la cosa diciamo parecchio surreale.
Tornando a bomba: il film aggiorna ai tempi nostri il discorso dei massimi sistemi sulla distanza fra vita e arte già fatto da Chaplin in Luci della ribalta. O da Fellini in Otto e 1/2. O ancora da Bob Fosse in All That Jazz. E poi ci butta sopra tutti i temi cari a Iñarrítu: le aspirazioni frustrate, la serendipità, un'estetica del martirio terribilmente mexicana e profondamente cristiana, i carrelli a girare, le inquadrature claustrofobiche etc etc.
Ne esce un film curiosamente diseguale, a tratti terribilmente didascalico, a volte troppo ansioso di servire i messaggi al pubblico. Una pellicola che rivendica a gran voce i suoi prossimi Oscar. Una commedia drammatica dove i momenti surreali sono molto urlati, le scene madri molto sovraesposte, gli in-joke molto sgangherati: vedi le battutacce reality sul cast di The Avengers accostate alla scelta suicida di dare un'identità fittizia a Ed Norton.
Fin qui, i difetti. Il pregio, come da tradizione del regista messicano è che Birdman o le virtù dell'ignoranza è una pellicola recitata alla grande, e in grado di rendere molto bene tutto il sangue, le lacrime, e la merda nascosti oltre il sipario lindo e pulito di ogni cosiddetto lavoro creativo. 
In questo, in fondo, è un cinecomic atipico. Che andrebbe caldamente consigliato a tutti quelli che schizzano veleno social sui protagonisti del mainstream leggendoli superficialmente, senza nemmeno immaginare quanto fegato, incoscienza ed energia occorrano per offrire al pubblico l'illusione di poter sconfiggere la gravità. Colpirne uno per educarne cento: se solo bastasse una cacca d'uccello umano.

lunedì 12 gennaio 2015

La dolce morte

Troppo beacoup

Dati i recenti fatti, in Paradiso servivano vergini. Dovendo scegliere, si sono portati via una delle più belle. Ciao Anitona, e grazie per quella scena memorabile.

giovedì 8 gennaio 2015

Paradisi artificiali


Il suo corpo è loro

E fu così che Georges Wolinski arrivò nell'alto dei cieli.
Andò alla reception.
E chiese subito delle settantadue vergini.

lunedì 5 gennaio 2015