tag:blogger.com,1999:blog-6626356122595449772024-03-13T18:03:36.524+13:00AVSLAndrea Voglino On LineAnonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.comBlogger2093125tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-68899338250637034062018-03-21T07:56:00.000+14:002018-03-21T07:58:42.880+14:00Playerone (leggi: un player bello grosso)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKyXc7UonFoUhdfxDZME6yL18_JVV8SjAsi3HNxItkIN9a6CJ6oJH3vaW8KUhiTwGnm2ZQmbWLFJH_jaH5ge5kJF4POkytLvPRV9HwBUcJyVBdVf2wlPscnj_vN-t7Tj9t4mw7bnsgpvY/s1600/Schermata+2018-03-20+alle+18.52.42.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="293" data-original-width="479" height="245" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKyXc7UonFoUhdfxDZME6yL18_JVV8SjAsi3HNxItkIN9a6CJ6oJH3vaW8KUhiTwGnm2ZQmbWLFJH_jaH5ge5kJF4POkytLvPRV9HwBUcJyVBdVf2wlPscnj_vN-t7Tj9t4mw7bnsgpvY/s400/Schermata+2018-03-20+alle+18.52.42.png" width="400" /></a></div>
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Cosa ci vuole per dare un anima al nuovo cinema digitale? Un regista vero. Un regista come Steven Spielberg, per dire. Che magari manca della cattiveria di un Verhoeven o della visionarietà junghiana di un Del Toro. Ma che in fatto di sense of wonder, talento per la messa in scena e sfruttamento del lavoro minorile ha ancora abbastanza argomenti per dare le piste a tanti mestieranti del blockbuster. E che ormai, non dimentichiamolo, fa cinema solo per puro divertimento.<br />
E questo è <i>Ready Player One</i>, trasposizione nuova e migliorata del romanzetto <i>young adults</i> di Ernest Cline sulle avventure di un avatarro in un mondo virtuale che sembra una versione sotto steroidi dell'universo di <i>Ralph Spaccatutto</i>.<br />
Un blockbuster ricco e denso come una pastiera, e come la pastiera progettato per offrire un doppio godimento: quello di una quest che ingrana la quarta al minuto cinque con <i>Jump</i> dei Van Halen accelerando a tavoletta fino ai titoli di coda. E quello del puro metacinema che costringe lo spettatore a districarsi fra decine e decine di citazioni dal meglio dell'entertainment dagli Anni '30 a oggi, da Batman a <i>Halo</i>. Cartoni giapponesi, super-eroi, franchise videoludiche, fumetti, pupazzetti, vecchie console, nuove identità virtuali, icone post-moderne. E su tutto, un messaggio tanto semplice da risultare disarmante ma molto attuale - con tutti i suoi difetti, la realtà è sempre un gran bel trip.<br />
Le previsioni per il box-office statunitense non paiono eccezionali, e questo è un peccato: perché al netto di qualche lungaggine nel terzo atto, era dai tempi di <i>Pacific Rim </i>e <i>Mad Max Fury Road</i> che un film non sfruttava la gioiosa macchina da guerra hollywoodiana così a fondo, così consapevolmente e così sapientemente. Ma al di là di quello che succederà al debutto, per una volta il consiglio è di trovare la sala IMAX più vicina e inforcare gli occhiali 3D: il buon vecchio zio Steven ci ha regalato un family movie che incollerà alle poltrone tutti noi avanzi di <i>The Big Bang Theory</i> e pure i nostri figli. Tutto il resto è noia.<br />
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-60403708626335771792018-01-19T07:36:00.003+14:002018-01-19T07:36:43.381+14:00La forma dell'acqua: e naufragar m'è dolce<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_sTVoTIKk0zi3u_NNvKueHazCNi2MBvkt910RYNkP-drJz5C2AYlsmbCIBJTq0phWebLTRkGp9_fUyiyiT2VC7DDxSjqYfoVhN4Y4HRYPGTAUlLqlx7ZIWrypb1RfDguJWyEdec5pRWg/s1600/shape-of-water.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="261" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_sTVoTIKk0zi3u_NNvKueHazCNi2MBvkt910RYNkP-drJz5C2AYlsmbCIBJTq0phWebLTRkGp9_fUyiyiT2VC7DDxSjqYfoVhN4Y4HRYPGTAUlLqlx7ZIWrypb1RfDguJWyEdec5pRWg/s400/shape-of-water.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Glubblubblubb</td></tr>
</tbody></table>
Era attesissimo per chi non ha avuto la fortuna di vederlo a Venezia, questo <i>La forma dell'acqua</i> di Guillermo Del Toro. Aspettativa pienamente ripagata: come i migliori film del regista di Guadalajara, <i>Shape</i> è una meravigliosa favola dark. Dove "meravigliosa" sta per "intrisa di infantile sense of wonder", "favola" sta per "deliziosamente telefonata" e "dark" sta per "inadatta ai più piccoli" (remember, è Del Toro, un fottuto <i>cara de nopal</i> che non teme sangue né altri umori corporei).<br />
Se qualcuno si stesse chiedendo quale potesse essere l'<i>Edward Mani di Forbice</i> di questa generazione, be', qui abbiamo un signor candidato. A questo giro l'estetica freak è tutta al femminile, in quello schianto di Sally Hawkins, piccolo mostro di bravura e imprevisto sex appeal alle prese con l'amore per il diverso sia esso alieno, gaio o negro che si porta sulle spalle tutto il film con un'interpretazione da baciarle i piedi. E se l'antagonista di turno è un Michael Shannon ormai prigioniero del solito copione da questurino nazista, pazienza: a rimescolare le carte provvedono i personaggi secondari che affiancano la protagonista nella sua avventura, dal "mostro" (Doug Jones, e chi se no), al vicino imborghesito, alla collega di buon cuore.<br />
Nelle mani di Del Toro, lo script universale scritto dallo stesso regista insieme con Vanessa Taylor fila via veloce e sicuro come una creatura in una laguna nera, ben sostenuto dalla fotografia sinth-pop di Dan Laustsen (<i>John Wick</i>) e dalla colonna sonora di Alexandre Desplat, strano, levigatissimo e inscalfibile oggetto cinematografico che frulla insieme birignao visivi in stile <i>Amelie</i>, <i>Monster Movie</i> Anni '50 e citazioni da Charlie Chaplin.<br />
Non per i bambini o almeno non per tutti, si diceva. Ma tutti quelli abbastanza grandi da aver provato l'emozione di un sogno che si avvera quando ormai non ci speravi più, unghie nei braccioli e lucciconi sono una garanzia.<br />
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com15tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-29246411706552022662017-12-20T08:06:00.003+14:002017-12-21T02:41:38.761+14:00Coco pro (precari forever)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvV_sZGyONNfi1UtUfNhoydVT46ruXR-neHe5lTSaXhWFczeZUksZvk_3wk5WW9-fYNSg3tCCMbmKgig5JxO0nYJSldR4kB3dczNCuMFhvoRuEQ1BRKDP30bUNuLLdecg0fk8Ckdqyu34/s1600/coco.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvV_sZGyONNfi1UtUfNhoydVT46ruXR-neHe5lTSaXhWFczeZUksZvk_3wk5WW9-fYNSg3tCCMbmKgig5JxO0nYJSldR4kB3dczNCuMFhvoRuEQ1BRKDP30bUNuLLdecg0fk8Ckdqyu34/s400/coco.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Quando la Banda passò</td></tr>
</tbody></table>
<i>A</i><i>rlo</i>, come unico primato, ha quello discutibile di primo vero fiasco dell'era Pixar<i>. </i><i>Inside Out </i>è stato un grosso Meh, tanto accurato come World Building quanto diseguale come trama e invenzioni. Su <i>Alla ricerca di Dory</i> e <i>Cars 3</i>, <i>un bel tacer non fu mai scritto</i>. Poi il caso Rachida Jones, e Lasseter che si autosospende per (presunti) comportamenti inappropriati, e ancora una campagna marketing schiacciata fra colossi come <i>Justice League</i> e <i>Star Wars - Episodio VIII</i>: questo <i>Coco</i>, dodicesimo lungometraggio Disney/Pixar al netto dei lucrosi sequel seminati in questi anni arriva al cinema dal 28 dicembre annunciato da un discreto filotto di complicanze. Né vale puntare il dito verso gli incassi record raccolti in Messico: il minimo, per un Paese di 250 milioni di abitanti, dove peraltro è ambientata la pellicola.<br />
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Ma come nel caso dei migliori film Pixar, l'ambientazione è puro orpello, il fastoso espediente visivo per raccontare <i>altro</i>: una storia universale che parla della precarietà dell'esistenza e del ricordo, della necessità di mantenere il legame con i retaggi ancestrali, dell'importanza del giocarsi in una relazione. Il tutto, a partire da un folclore sacro e profano distillato in un character design che torna al divertissement macabro di vecchi "corti" Disney come <i>La danza degli scheletri </i>o videogame come il leggendario <i>Grim Fandango</i> di LucasArts, e a tutta la paccottiglia per turisti disponibile sul mercato: le <i>calacas del 2 novembre, </i>gli <i>Alebrijes</i>, <i>El Santo</i>, l'immancabile Frida, il <i>Son</i>. Un nuovo viaggio <i>all inclusive </i>fra le emozioni, però più pulito e "di panza" di quello visto in<i> Inside Out</i>, e più abile a far vibrare le corde del cuore, con due o tre momenti da sciogliere il più incallito <i>Hijo de puta</i>, uno script che tiene alla perfezione per tutti i 106 minuti della pellicola e un comparto visivo e musicale tutto oh e ahhh.<br />
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Manca la sequenza killer, quella da consegnare agli annali del cinema per il suo carico da undici di inventiva, slapstick o vattelapesca, quella tipo la scena delle porte di <i>Monsters & Co</i>. o il piano sequenza sul portavivande di <i>Ratatouille</i>. Ma la regia di Lee Unkrich e del sodale e sceneggiatore Adrian Molina è un tripudio di recitazione che regala ai pupazzi digitali al centro della rivista un'umanità degna dei ritratti di Steve McCurry, e alle sequenze più complesse e articolate una levità di tocco degna di Chaplin: valga, su tutti, l'esecuzione de <i>La Llorona</i> durante il terzo atto del film.<br />
E imbroccare il colore e la densità del Tequila reposado in un film animato, diciamolo, non è da tutti.<br />
Chissà quanto se ne sono ciucciato per imbroccarlo, questi gringos.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-38493738160137664282017-12-14T03:35:00.002+14:002017-12-14T03:35:25.037+14:00Star Wars: il risveglio dello sforzo<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1tEpdWysYcNUF6-Byb44ei_MNOVX8h09wHWKKeEMKjYMUwH5yA8PZVtSuCokN6M36SQB3hzYA1I89PEYy7bDXHsBSYTKJUAXWYzaglgMWwT1QWmgdvT5YWXjy0Xce8jfXZ9VVea2FyJI/s1600/daisy-ridley-birthday-930x488.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="488" data-original-width="930" height="208" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1tEpdWysYcNUF6-Byb44ei_MNOVX8h09wHWKKeEMKjYMUwH5yA8PZVtSuCokN6M36SQB3hzYA1I89PEYy7bDXHsBSYTKJUAXWYzaglgMWwT1QWmgdvT5YWXjy0Xce8jfXZ9VVea2FyJI/s400/daisy-ridley-birthday-930x488.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'uscita è di là</td></tr>
</tbody></table>
Per quanto sembri incredibile, la storia gloriosa di <i>Star Wars</i> è costellata di clamorosi strafalcioni. A commetterli, un'autentica <i>Hall of Fame</i> del cinema mondiale: da Francis Ford Coppola, che sconsigliò vivamente a George Lucas di investire in quella che considerava un'autentica follia; al leggendario Al Pacino, che rifiutò sdegnosamente il ruolo di Han Solo; fino ai tecnici della nascente ILM, incapaci di dare una forma minimamente accettabile alle visioni spericolate del regista di Modesto, California. Altre cappelle in ordine sparso, tutte clamorose: quella della 20th Century Fox, che accettò di cedere al demiurgo della saga i diritti sul merchandising temendo - quasi sperando - in un flop; quella della MEGO corp,, che rifiutò di inserire Luke & C. fra le fila della sua linea di <i>Action Figures</i>, passando il testimone alla Kenner, che di lì a poco l'avrebbe seppellita; e forse, anche quella più recente di Lucas, arrivato a un passo dal fallimento per consegnare ai posteri Jar-Jar Binks e i Midichlorian.<br />
Quattro miliardi di dollari dopo, il testimone delle cazzate è passato alla Casa del Topo, che dopo essersi svenata per portarsi a casa tutto il malloppo - diritti intellettuali, licenze, dirigenza e infrastrutture - giustamente pensa bene di spremere i fan della saga fino all'osso. Lucas consigliava di lasciar perdere i vecchi e affidare la lotta fra bene e male alle nuove leve. La Disney, invece, ha avuto fretta di capitalizzare. E quindi: un (orribile) remake sotto mentite spoglie del film del 1977, completo di cast originale, tanto per mettere d'accordo tre generazioni di spettatori; più un sacco di "invenzioni" a zero potenza d'impatto, ma perfette per tirarci fuori modellini e pupazzetti. Un'altra cazzatona, insomma. Però figlia del più puro cinismo.<br />
È a partire da questa premessa che bisogna guardare al film firmato da Rian Johnson. Perché strillare alla lesa maestà va bene solo a prescindere da questo excursus. E chi rimpiange i bei vecchi tempi che forse non sono mai esistiti non ricorda o finge di non ricordare che il mitico Main Theme di John Williams altro non è che un plagio bello e buono dello score di Erich Korngold per <i>King's Row</i> (1942), il design di Ralph McQuarrie pescava a piene mani dal Druillet di <i>Lone Sloane</i>, e il primo commento di Harrison Ford al copione fu qualcosa del tipo <i>"Tu avrai pure scritto tutta 'sta bullshit, George, ma non credere che io sia in grado di recitarla"</i>.<br />
Chi è senza peccato etc. etc.<br />
È totalmente inedito, <i>Star Wars episodio VIII - Gli ultimi Jedi</i>? No. È una specie di remake più articolato, quasi barocco, di <i>L'Impero colpisce ancora</i>, con in più una regia piatta - oggi diremmo <i>serviceable</i> - quasi quanto quella di Irving Kershner. Che però aveva alle spalle tanto cinema drammatico e sentimentale, quindi un occhio ideale per il suo <i>Star Wars</i>. È inattaccabile? Ma neanche per sogno: cast assemblato secondo Cencelli della multietnicità, a includere sinoamericani e <i>latinos</i>, e tanti pupazzetti; gag non sempre a modino; Un atto centrale davvero lungo e stiracchiato; e un cadavere eccellente davvero sprecato (no, non quello lì, siamo dalle parti di metà film). Ma a ben guardare, questi sono difetti tipici di tanto cinema recente, e anche di quella <i>galassia lontana lontana</i>. La buona notizia è che stavolta il catalogo delle agnizioni, dei cambi di casacca e dei disvelamenti recupera la gravitas da feuilleton post-pop dei momenti più coinvolgenti della serie, compiendo il miracolo di un paio di sequenze di guerra stellare discutibili sotto il punto di vista strategico ma godibilissime, di un finale tutto in crescendo e di una riscrittura molto junghiana del vero punto cardinale della nuova trilogia, il <i>ti-vedo-non-ti-vedo</i> fra l'aspirante Jedi Rey e il cosplayer di Darth Vader Kylo Ren. L'amorale della fava è che per costruire un mondo nuovo bisogna prima lasciarsi alle spalle quello vecchio, anche se si tratta di una mission lacrime e sangue per tutti, spettatori compresi. Metacinema puro, visto il pieno rispetto del "modello Marvel" in tema di budget e controllo produttivo. Ma al di là di quanto scritto qui sopra, si esce dal cinema con un senso di sazietà e aspettativa che al pur meglio diretto <i>Il risveglio della Forza</i> mancava totalmente. Bene così.<br />
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-31145814457001401722017-10-12T21:58:00.002+14:002017-10-12T21:58:45.026+14:00Il richiamo della fogna<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjs6pzkFOgaBqo7nT66-ecfNJ0yvqLwtzcaquWr_lFl5WUe-XI6ikPCbTTZAqLpLk2DhZ-TqSfZQ-vlWsmq4K712vUFHnLqPEACqW_RimGKwQA6iT82Kc8SLyZ8P6mKqoiqISxu3BANhog/s1600/w5vmzajmqceitr7vkrnc.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="471" data-original-width="620" height="302" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjs6pzkFOgaBqo7nT66-ecfNJ0yvqLwtzcaquWr_lFl5WUe-XI6ikPCbTTZAqLpLk2DhZ-TqSfZQ-vlWsmq4K712vUFHnLqPEACqW_RimGKwQA6iT82Kc8SLyZ8P6mKqoiqISxu3BANhog/s400/w5vmzajmqceitr7vkrnc.jpg" width="400" /></a></div>
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Un difetto c'è, nel nuovo <i>IT</i> di Andy Muschietti: troppo, davvero troppo Pennywise per un film di due ore e 10. Tutto il cinema Anni '80 che il film omaggia più o meno consapevolmente girava intorno a una struttura <i>a salire</i>, con il mostro in scena in dosi sempre più massicce fino allo showdown finale. Qui, il rispetto del romanzo originale mette il diabolico pagliaccio danzerino sempre al centro del palco, con l'effetto collaterale di un incedere un po' anticlimatico.<br />
Ma, ehi! È il problema di far stare cinquecento pagine dentro due ore di pellicola.<br />
La buona notizia è che l'assenza di una vera e propria <i>escalation</i> non azzoppa uno spettacolone riuscitissimo che con un po' di gore e allusioni in meno avrebbe trascinato al cinema legioni di ragazzini e che dopo frotte di aspiranti Freddie Kruger senza carattere, senza storia e senza palle restituisce il centro della scena a un <i>signor</i> Babau.<br />
Bill Skarsgaard è il miglior erede in cui Tim Curry potesse sperare, con una performance altrettanto fisica e inquietante, tutta squittii, tic nervosi e facce di gomma. I "nuovi mostri" cuciti dal regista sulla ambientazione Eighties del film funzionano alla grande (e ce n'è uno talmente presente, caratterizzato e inquietante da rubare quasi la scena al pagliaccetto. Quasi). La messa in scena è talmente accurata che qua e là sembra quasi di sentire il tanfo delle fogne di Derry.<br />
Ma la parte migliore è il cast tutto ragazzino: un'orchestra affiatata, che sfugge con destrezza alla trappola del birignao incarnando alla perfezione l'essenza del <i>Club dei perdenti</i>.<br />
Il cuore del film è tutto lì, ed è quello che gli dà gusto. La morale è che in fondo in fondo siamo tutti un po' Pennywise, anche noi spettatori che stiamo lì a tifare per i Losers godendoci però il loro terrore. Una bella lezione di metacinema, in attesa di un secondo capitolo che visto da qui sembra lontanissimo.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-87619339149771824572017-07-05T03:34:00.004+13:002017-07-05T03:37:36.860+13:00Niente rogne, siamo ragni<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmr0c-XH_dU_Sy7ouQQ3EG2NN5pE6sB3PNGF-D0hV7xb_ahnb3MPm20Jw2HxdPot3zzheAT5cBa2WCd-JIjhQIuSAF-muOd2yspblWAZC8d_XdeYim3Q7bQOFFVP5cs35iYC2tQQ5SOA4/s1600/Schermata+2017-07-04+alle+16.27.12.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="701" data-original-width="526" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmr0c-XH_dU_Sy7ouQQ3EG2NN5pE6sB3PNGF-D0hV7xb_ahnb3MPm20Jw2HxdPot3zzheAT5cBa2WCd-JIjhQIuSAF-muOd2yspblWAZC8d_XdeYim3Q7bQOFFVP5cs35iYC2tQQ5SOA4/s400/Schermata+2017-07-04+alle+16.27.12.png" width="300" /></a></div>
<span style="background-color: white; font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: 13px;"><br /></span>
<span style="background-color: #073763; color: white; font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif;">Non è assolutamente vero che un <i>over 18</i> non possa divertirsi guardando <i>Spider-Man Homecoming</i>. Puoi giocare a <i>Dov'è Waldo</i> andando a caccia di caratteristi già visti fra cinema e Tv, ex killer e truffatori qui in veste di professori di liceo o supercriminali 6.0. Puoi metterti a contare le rughe sulla faccia di Michael Keaton, un Adrian Toomis divertito e in parte. Puoi soppesare le differenze fra questo reboot e il precedente (o il precedente e la trilogia di Sam Raimi, ancora la meglio al netto dell'ignobile terzo episodio). Puoi ripensare con nostalgia a quando i film adolescenziali ti divertivano, perché ti identificavi nei protagonisti aspettando che la corteccia prefrontale trovasse una forma compiuta, che l'obiettivo irraggiungibile dei tuoi diciott’anni finalmente arrivasse a portata, che un pezzetto del futuro che sognavi diventasse <i>tuo</i>. </span><br />
<span style="background-color: white;"><span style="background-color: #073763; color: white; font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif;">Ed è precisamente questo l'atteggiamento giusto per andare a vedere il nuovo Uomo Ragno dei Marvel Studios: perché se non ci vai accompagnando il tuo fanciullino interiore, non puoi stare al gioco. E se non stai al gioco, be', sono meglio tornare a rileggerti i tuoi polverosi albi anni Marvel/Corno. </span></span><br />
<span style="background-color: #073763; color: white;"><span style="font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: xx-small;">Curioso ibrido fra </span><i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">The Avengers</i><span style="font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: xx-small;">, un episodio a caso di </span><i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">Kim Possible</i><span style="font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: xx-small;"> con tanto di smanettone sovrappeso e </span><i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">Coming of Age</i><span style="font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: xx-small;"> à la John Hughes, però più superficiale di </span><i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">Breakfast Club</i><span style="font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: xx-small;"> o </span><i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">Bella in rosa</i><span style="font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: xx-small;">, </span><i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">Homecoming</i><span style="font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: xx-small;"> è la perfetta incarnazione dello Spider-Man più cazzaro e ridanciano, quello pronto a lanciare con la stessa velocità fulminea ragnatele e battutacce. Niente errori nella scrittura, nel casting del protagonista o nella regia di puro servizio, niente ombre in questo Peter Parker quindicenne con zia milf ed entourage multirazziale, se non quelle rappresentate dalla nemesi, un Avvoltoio che si ciba dei rifiuti del capitale (bella!) e ha il terrore di perdere le sicurezze che invece il nostro eroe cerca con testardaggine. Fin dalle prime sequenze, il film di Watts azzera ogni tentazione umbratile per schiacciare a tavoletta sul pedale dell'azione e del divertimento più innocuo e sfrenato, con il risultato di un film Sony che è il più Disney di tutti i film Marvel visti fin qui. Un </span><i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">High School Superhero Comedy </i><span style="font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: xx-small;">che trova il suo maggior pregio nel disimpegno e il suo peggior difetto in un doppiaggio irritante appesantito da un'overdose di </span><i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">fico</i> <i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">ficata</i> <i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">da paura</i> <i style="font-family: 'helvetica neue', 'segoe ui', helvetica, arial, 'lucida grande', sans-serif;">zio</i><span style="font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: xx-small;"> eccetera. Nessun problema, qui non si cerca il classico intramontabile: Il seguito, alla prossima, annunciatissima puntata.</span></span><br />
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<span style="background-color: white; font-family: "helvetica neue" , "segoe ui" , "helvetica" , "arial" , "lucida grande" , sans-serif; font-size: 13px;"><br /></span></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-26214359255951056522017-06-09T20:54:00.003+13:002017-06-10T06:58:17.035+13:00La Boutella mezza piena<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMl5RSevkFciHl6dd2IHpLeuHTZuB1woCv875jHgonhJKvDLq5RW-Tb58ModejURcjuIe_yki-Mo4p4XqHM9MXXfpLzKmqTGhINH_zKS86YJEWeUZMFTlRYK6de0kqXessthsZ8KU4Pso/s1600/mummy-gallery4-58e2d86aa2630-1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="843" data-original-width="1600" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMl5RSevkFciHl6dd2IHpLeuHTZuB1woCv875jHgonhJKvDLq5RW-Tb58ModejURcjuIe_yki-Mo4p4XqHM9MXXfpLzKmqTGhINH_zKS86YJEWeUZMFTlRYK6de0kqXessthsZ8KU4Pso/s400/mummy-gallery4-58e2d86aa2630-1.png" width="400" /></a></div>
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Nonostante le canoniche vessazioni fisiche, la cosa più imbalsamata de <i>La Mummia</i> è il povero Tom Cruise, sempre perfettamente a proprio agio negli stunt, sempre tragicamente a disagio con i copioni fantasy fin dai tempi di <i>Legend</i>. Per il resto, un po' spiace che questo nuovo rifacimento riveduto e corretto del classico del 1932 con Boris Karloff sembri destinato a schiantarsi contro il botteghino. Se non altro, per il carisma del<i> titular character</i>, una Sofia Boutella che ruba la scena a tutti sia nei panni del mostro che in quelli in stile fumetto nero Anni '70 della diabolica principessa Ahmanet. A scanso di equivoci, il film di Alex Kurtzman sfrutta le stesse leve citazioniste del precedente remake datato 1999 di Stephen Sommers. Ma se in quel caso il modello (irraggiungibile) era l'Indiana Jones di Lucas e Spielberg, in questo caso il regista e i suoi sodali hanno attinto a tutto il cinema horror degli Eighties. Quindi, ecco la spalla comica post mortem da <i>Un lupo mannaro americano a Londra</i>, gli zombie subacquei dello<i> Zombi 2</i> di Fulci, e poi gli scheletri guerrieri de <i>L'armata delle tenebre</i>, i french kiss con risucchio di <i>Space Vampires </i>e così via... Più che una mummia, insomma, un Frankenstein. In cui però la creatura procede piuttosto spedita sulle ali dell'azione e di una confezione da 126 milioni di dollari. Meno riuscito, semmai, il tentativo di innesto con altre mitologie gotiche di Casa, in vista di quel Dark Universe con cui la major dei mostri classici vorrebbe dare l'assalto a un cielo affollato di super-eroi: in quella terra incognita, la sospensione dell'incredulità già messa a dura prova dal giocattolone evapora totalmente, e fra suggestioni steampunk e <i>guest star </i>fuori contesto si sfiora il cretinismo di <i>Van Helsing</i> e <i>La leggenda degli uomini straordinari</i>. Per il resto, molto action, poco horror, e un <i>détournement</i> in cui tutto si tiene: in fatto di popcorn movie si è visto di meglio, ma anche molto di peggio, dai.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-11435789899799985532017-05-31T03:23:00.000+13:002017-05-31T19:23:04.960+13:00Ebbene sì, maledetta Carter<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div id="yiv5121454095ymail_android_signature" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimoMdZjkxocu7g7d6d0UNLspDpPJIlF1dmid2aXwYGxcWbpotAIQ7EKlMefufhUqoodc4HN0JJlc6Rgv-6_A57BNi1_CBJBWX69WDpO8rO27Uh0vdVYGIibxe1sfctBY0eslhyphenhyphenwVA4BGU/s1600/Schermata+2017-05-30+alle+16.23.29.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="997" height="307" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimoMdZjkxocu7g7d6d0UNLspDpPJIlF1dmid2aXwYGxcWbpotAIQ7EKlMefufhUqoodc4HN0JJlc6Rgv-6_A57BNi1_CBJBWX69WDpO8rO27Uh0vdVYGIibxe1sfctBY0eslhyphenhyphenwVA4BGU/s400/Schermata+2017-05-30+alle+16.23.29.png" width="400" /></a></div>
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<div id="yiv5121454095ymail_android_signature" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yiv5121454095ymail_android_signature" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
Seriamente: è un film che parla di una semidea nata sull’isola che non c'è, allevata da una schiatta di amazzoni e in grado di sollevare un tank come fosse un giocattolo. Il punto non sta nell’aderenza al mito o alla Storia, peraltro già piuttosto laschi di loro, data la necessità di condensare settantacinque anni di fumetti non sempre eccezionali in due ore di film. Semmai, ha a che fare con l'equilbrio fra i due estremi noia/divertimento, vista la dieta forzuta e forzata di pellicole super-eroistiche cui le major ci stanno abituando ultimamente. E a scanso di equivoci, <i>Wonder Woman</i> la sua parte pallosetta ce l'ha: il finalone fine di mondo a base di sganassoni con un cattivo che il casting avrebbe voluto sorprendente e invece suona sorprendentemente fuori contesto e carismatico quanto un boss di <i>God of War</i>. Ma questo è un destino comune al 90% dei cinefumetti, non un'esclusiva del nuovo film Warner. </div>
<div id="yiv5121454095ymail_android_signature" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yiv5121454095ymail_android_signature" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
Per il resto, aurea mediocritas, con una pellicola che sembra un curioso mashup fra <i>Capitan America – Il primo vendicatore</i>, <i>Animali Fantastici</i> e un classico feuilleton amore e guerra tipo<i> Vite sospese</i>. Gal Gadot è davvero uno spettacolo e regala al personaggio bellezza, carisma e simpatia: non era scontato. Ma al lasso dorato e ad altre bubbole terribilmente agre disseminate lungo le due ore e venti del film paiono crederci poco sia la protagonista, sia il cast di contorno, sia la regista Patty Jenkins, che infatti qua e là offre al pubblico un certo non so che di “buona la prima”. Sprazzi di divertimento puro nel cast multietnico, nelle schermaglie con il bellimbusto Chris Pine, nei bassifondi di Londra. E qua e là, qualche stecca che le pennellate da commedia sentimentale sintoniche al personaggio e al film non bastano a nascondere.</div>
<div id="yiv5121454095ymail_android_signature" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yiv5121454095ymail_android_signature" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
Fosse capitato in mano a un regista di forte personalità,<i> Wonder Woman</i> sarebbe potuto diventare una chicca. Così com’è, resta un compitino beneducato, superficiale e non sempre perfettamente a fuoco. Che però ha il merito principale di aver dato un senso nuovo a un personaggio decrepito e fiaccato da decenni di brutta televisione. Di buono, portiamo a casa le premesse per una cosiddetta <i>brand extension</i> che con un po’ di coraggio e visionarietà in più potrebbe fruttare sviluppi narrativi interessanti, sempre che il pubblico segua. Chi si straccia le vesti potrebbe guardare a questo, piuttosto che ai difetti del film: rispetto ai telefilm con Lynda Carter o all’orribile <i>Catwoman</i> di Pitof, il bicchiere è mezzo pieno. Un brindisi ci sta.</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-34833838704826500462017-05-24T05:10:00.003+13:002017-05-27T21:15:58.653+13:00Arremba, che sorpresa<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1495554829318_2266" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyXGlg7bEMiFGe9OC58AFuRl3SZOkJ0ZnubCE2Ig2LPI_6hFN5zfPZETgu9_wdEWSoqSQIWjR9ULOEy2RcmzYx2kiMh2NaZ-4-WU_VVJkCfro1Fhinufhm0RZNRpgs58S1MIrXily0mRI/s1600/pirates-2.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="267" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyXGlg7bEMiFGe9OC58AFuRl3SZOkJ0ZnubCE2Ig2LPI_6hFN5zfPZETgu9_wdEWSoqSQIWjR9ULOEy2RcmzYx2kiMh2NaZ-4-WU_VVJkCfro1Fhinufhm0RZNRpgs58S1MIrXily0mRI/s400/pirates-2.jpg" width="400" /></a></div>
<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1495554829318_2266" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1495554829318_2266" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
Difficile, sempre più difficile azzardare un’opinione sul medio blockbuster in uscita. E forse, in ultima analisi, inutile. A differenza che nel fumetto o nelle serie Tv, in cui scrittori, artisti e sceneggiatori tentano di infondere ai propri progetti un’impronta unica e distintiva, per larga parte delle produzioni hollywoodiane più recenti l’imperativo sembra l’omologazione. Perfettamente logico, nell’ottica di un sistema produttivo che tenta di offrire uno standard di prodotto godibile e fruibile a ogni latitudine. Tremendo, per chi deve scriverne: perché scrivere di questo cinema è un po’ come mettersi a disquisire sulla qualità degli hamburger delle grandi catene. È più un discorso alla dentro o fuori: stare al gioco oppure no.</div>
<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1495554829318_2890" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1495554829318_2890" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
Discorso valido anche per questo quinto <i>Pirati dei Caraibi</i>. Un film rimasto in <i>development hell</i> dal 2011, costato un badalucco di quattrini e ovviamente costruito per infondere nuova linfa a un serial che dopo l’abbandono del visionario Gore Verbinski sembrava pronto per la rottamazione, in parte anche per le alterne fortune di Johnny Depp, un <i>mcguffin</i> umano bello e dannato però apparentemente ormai pronto allo status di bello d’annata. Duecentotrenta milioni di dollari dopo, eccoci qui di nuovo. C’è un nuovo cattivo soprannaturale che ha qualche conto in sospeso con lo stralunato Jack Sparrow. C’ê la damsel per niente in distress che tenta di trovare un senso alla propria vita. C’ê il giovane belloccio in odore di <i>bildungsroman</i>. C”è il cast di contorno all’altezza. Ci sono due-tre saggi di funambolismo visivo più che discreti. Ci sono i mostri, i mostrilli e i mostriciattoli. C’è la pestifera scimmia cappuccino dei film precedenti. Ci sono i cetriolini, la maionese, le patatine e tutto il resto.</div>
<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1495554829318_2909" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1495554829318_2909" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
L’idea, insomma, non è quella di sorprendere lo spettatore, semmai quella di rassicurarlo con un nuovo <i>soft reboot</i> in stile<i> Episodio VII</i>, un film che è una sorta di <i>best of</i> dei primi tre che punta a convertire alla pirateria quei ragazzini che all’epoca dell’ultimo <i>On Stranger Tides </i>erano ancora nei sogni di Dio o chi per lui. Non un piano disprezzabile, né sgradevole per carità, perché questa <i>Vendetta di Salazar</i> galleggia sulla solida professionalità dello sceneggiatore Jeff Nathanson, sulla piacevole gigioneria dei cattivi Javier Bardèm e Geoffrey Rush, su un impianto produttivo da vero blockbuster e non da<i> Tv Movie </i>sotto steroidi tipico di troppe produzioni. Ma al prossimo giro, se capita, un po’ di sorprendenza in più non ci starebbe male: a conti fatti, è del pirata il fin la meraviglia.</div>
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-13167817246670490742017-05-07T21:57:00.000+13:002017-05-07T21:57:13.787+13:00Prometheus mantenuta<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlmV_vWz8Jku8IqAXo3D2JVP-a6bjfOmszccOXNyk-pqi03VePX1cWiehfigMIzmgcuRXAJxtMjtMHJvydhSiSJbvenQwm9yTRxP1IguLiv4Ug9w5XiOaTsG8iubUpbULrSSRaqcsIwzA/s1600/Alien-Covenant-awesome-new-trailer-with-the-return-of-Xenomorph.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="223" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlmV_vWz8Jku8IqAXo3D2JVP-a6bjfOmszccOXNyk-pqi03VePX1cWiehfigMIzmgcuRXAJxtMjtMHJvydhSiSJbvenQwm9yTRxP1IguLiv4Ug9w5XiOaTsG8iubUpbULrSSRaqcsIwzA/s400/Alien-Covenant-awesome-new-trailer-with-the-return-of-Xenomorph.jpg" width="400" /></a></div>
<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1494145809693_4915" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1494145809693_4915" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1494145809693_4915" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
Dopo sette film non tutti eccezionali e con il principale cervello della saga alla soglia degli ottant’anni, è perfettamente normale farsi qualche domanda sul senso di un’operazione come <i>Alien – Covenant</i>. Troppo cocente la delusione di <i>Prometheus</i>, troppo intenso il brivido connaturato al rischio di sorbirsi il nuovo, inutile capitolo di una serie che ormai il meglio di sé lo offre sulle console di gioco o fra le pagine dei comics. </div>
<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1494145809693_4915" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
D’altro canto, non puoi fare una frittata senza rompere le uova. E nel caso delle uova per eccellenza, la sfida era duplice: dare un senso compiuto alla sublime idiozia del prequel e creare le premesse per una prosecuzione del discorso.</div>
<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1494145809693_4918" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1494145809693_4918" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
Missione compiuta? Ma sì, dai. Certo, la Weyland-Yutani non perde il vizio di fare recruiting nelle barzellette dei Carabinieri. Un principio di realtà, questo, che vanifica l'efficacia di tanti, troppi snodi narrativi. <i>Covenant</i>, però, trova una sua identità distintiva nella caratteristica che ha fatto la fortuna dei migliori episodi della serie: l'estetica del male. Nella visione dello scriptwriter John Logan (“Il Gladiatore”), la creazione degli Xenomorfi perde ogni caratteristica "fantascientifica" per assumere contorni da incubo alchemico. Se metafora dev’essere, sembra aver pensato Scott, che sia senza tempo: ed ecco un’avventura che usa linguaggi alla Mary Shelley per dare corpo e sostanza a tutti i caveat su quello che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale potrebbe combinare al cosiddetto capitale umano nei prossimi decenni, da Norbert Wiener a Jack Ma a Stephen Hawking. L'amorale della fava è sempre la stessa: inutile cercare cattiveria negli Xenomorfi, "homunculi" futuribili: come ribadito più volte dal 1979, il nemico è dentro di noi.</div>
<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1494145809693_4940" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
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<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1494145809693_4940" style="-webkit-padding-start: 0px; font-family: 'Helvetica Neue', 'Segoe UI', Helvetica, Arial, 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px;">
Il resto è un curioso miscuglio dei primi tre episodi della serie (soprattutto il terzo), con le sicurezze dei valori produttivi garantiti da una macchina all’altezza, ma anche con la novità di un armamentario narrativo junghiano di brutto. Fra discese agli inferi, doppi, antri umidi e maternità archetipiche, <i>Covenant</i> colpisce abilmente dove fa più male, un’eco che negli ultimi, stanchi episodi del franchise si era fatto ormai impercettibile, e che in questo film torna a riverberare in sincrono con il classico tema di Jerry Goldsmith. No, non è un film perfetto, questo. Ma è un ritorno che tenta un punto di vista originale, un tentativo di ibridazione mostruosa sufficientemente in palla da valere il prezzo del biglietto. </div>
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-76763793911251214412017-03-09T03:11:00.001+14:002017-03-09T03:11:32.511+14:00Videoburrito confidenziale<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="344" src="https://www.youtube.com/embed/UYfCGXfAMNU" width="459"></iframe>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-64022153663469124332017-03-04T10:56:00.004+14:002017-03-04T10:56:53.783+14:00Voli Kingdarici<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1ZUSwsjiaEsTb_A3NvRT1D9eUyAmeMUXx2ml5ZouQAH4_TiKcLEPcABnZ-RNybEeQ5XX2WwjD24MsZrxQIO3VfJ6hQ2uJUTWxIkvhie08yX1e3jJcdnnEFgjKGpsFAvyKQPXrXMmH-E4/s1600/kong-skull-island.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1ZUSwsjiaEsTb_A3NvRT1D9eUyAmeMUXx2ml5ZouQAH4_TiKcLEPcABnZ-RNybEeQ5XX2WwjD24MsZrxQIO3VfJ6hQ2uJUTWxIkvhie08yX1e3jJcdnnEFgjKGpsFAvyKQPXrXMmH-E4/s400/kong-skull-island.jpg" width="400" /></a></div>
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Fin troppo facile la metafora dell'elicottero, per il Kong di Jordan Voigt-Roberts. Un po' perché il film apre e chiude con un volo di elicotteri. È un po' perché è fatto proprio come un elicottero: niente ali per volare, zero portanza e quel senso di precarietà che solo il buon vecchio Bell UH-1 Iroquois alias Huey può regalarti. Effetti collaterali della sceneggiatura colabrodo scritta da Dan Gilroy e Max Borenstein, un patchwork scombiccherato dove trovano posto citazioni da <i>Cuore di tenebra</i> (Nome del <i>male lead</i>: Conrad...), <i>Aliens</i>, <i>Jurassic Park</i>, più i doverosi cliché del genere, più un tot di buchi di sceneggiatura, dallo scienziato visionario che ben conosce la pericolosità dei Kaiju ma per dar loro la sveglia pensa bene di usare gli esplosivi, ai piloti di elicottero che non battono in ritirata neanche di fronte al quarto zanzarone tirato giù a manate, all'equazione erbivoro = buono/carnivoro = cattivo. In termini di sottigliezza, si brancola dalle parti di un B-Movie Anni '60. Miracolosamente, però, il gioco funziona: il mix di ingenuità disarmante, testosterone e scene d'azione fuori scala punta dritto alla panza del medio fanciullino interiore ed esteriore, creando un'ottima <i>bromance opportunity</i> per padri e figli rigorosamente maschi. Il difetto capitale sta nell'impalpabilità dell'insieme: se il Kong di Peter Jackson colpiva al cuore per la sua aderenza all'originale e il compiacimento quasi disneyano nella descrizione dell'amorazzo contronatura fra la bella e la bestia, il suo metaforico erede è più <i>up-to-date </i>anche nella rozzezza della performance: botte da orbi e poco altro. divertente, sì, indimenticabile no. L'unica cosa che resta è Hiddleston, sempre più a suo agio nel ruolo di James Bond: quello, forse, un buon presagio di cose a venire.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-68615499403547119102017-02-24T07:51:00.003+14:002017-02-24T07:51:29.257+14:00Canottiera e mutante<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6N1ZLpQEg_zrxRS2NlVqdBCXIEkLQIM194KImVlSw30d_zWAfJQ76edtLjKNarpU8F2G54JB5Pb_JQcfQqhfPx-VTQq5Xemqz0z8_ghqBsqP1vNKH404tzjTglFS33YZqFt5sv5QimU8/s1600/logan-1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6N1ZLpQEg_zrxRS2NlVqdBCXIEkLQIM194KImVlSw30d_zWAfJQ76edtLjKNarpU8F2G54JB5Pb_JQcfQqhfPx-VTQq5Xemqz0z8_ghqBsqP1vNKH404tzjTglFS33YZqFt5sv5QimU8/s400/logan-1.jpg" width="400" /></a></div>
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La terza volta è quella buona, in genere. Con il cinema, non sempre, visto che normalmente ai <i>threequel</i> ci si arriva in debito d'ossigeno, con attori e registi ormai schiavi della routine e del più bieco fan service. Non così con <i>Logan - The Wolverine</i>. Partito a un'incollatura dalla continuity Marvel, nel corso del tempo il mutante nato dalla felice intuizione di Len Wein e Herb Trimpe e assurto a star dell'Universo X durante la run di Chris Claremont ha cercato faticosamente una strada cinematografica tutta sua. Nel frattempo, dopo tre lustri ininterrotti nei panni dell'eroe, Hugh Jackman ha deciso di abbandonare. E finalmente libero di concludere la sua interpretazione del selvaggio canadese, ha scelto di andarsene in gloria. <i>Logan </i>è in assoluto il miglior film realizzato sul personaggio, e una delle migliori pellicole recenti ispirate al mondo dei fumetti muscolari. A fare la differenza, paradossalmente, è stata proprio la difficile decisione di Jackman di chiuderla lì. Il futuro appartiene a qualcun altro, è chiaro: ma qui e adesso, Jackman e i suoi sodali James Mangold e Scott Frank ci hanno apparecchiato un canto del cigno all'altezza di ogni più rosea aspettativa. <i>Logan</i> è un pochino <i>Little Miss Sunshine</i>, un po’ <i>The Wrestler </i>di Aronofsky, molto <i>Gli spietati</i> di Eastwood, moltissimo <i>El Grinta</i>. Un frullato di cinema che applica all’essenza rettiliana del fumetto i retaggi narrativi dei migliori road movie. Spettacolo puro, forte e asciutto come un bicchiere di bourbon, inframmezzato di agnizioni recapitate al pubblico in tono sommesso e dolente e scene d’azione che illustrano al meglio il carattere dannato del personaggio. Chi cerca leggerezza rimarrà spiazzato, perché qui l’ironia è cupa, l’azione brutale e minimal, la scrittura essenziale e spesso volutamente anti-climatica. Ma chi ai cinefumetti chiede gravitas, rispetto per l'essenza dei personaggi e amore per la narrazione, scoprirà che il mondo mutante è sempre uno dei miglirori posti dove mettere il naso quando si cercano super-eroi con super-problemi.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-8854100526380276572017-01-31T07:33:00.003+14:002017-01-31T07:33:31.694+14:00È facile se sai come farlo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIiC4s1lMiqwlfe2CU3tvuhw8W5BiXorBWEMc0zvF6ElAyftkJDbzkvaaQeCxYC5URDI1i0UF1NpFqnqIXcSiHPVw-y_CriJL2Q_VE61u3XXsLGqwvEE2Ne3ogkHUVsmidziel9q4-qKo/s1600/SmettoQuandoVoglioMasterclass.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="167" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIiC4s1lMiqwlfe2CU3tvuhw8W5BiXorBWEMc0zvF6ElAyftkJDbzkvaaQeCxYC5URDI1i0UF1NpFqnqIXcSiHPVw-y_CriJL2Q_VE61u3XXsLGqwvEE2Ne3ogkHUVsmidziel9q4-qKo/s400/SmettoQuandoVoglioMasterclass.png" width="400" /></a></div>
<span id="goog_543511254"></span><span id="goog_543511255"></span><br />
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Che poi, è impressionante il salto quantico compiuto dal cinema italiano negli ultimi 10 anni: si è passati dalla modalità binaria cinema scorreggione/mattonata pretenziosa a una generazione di cineasti che stanno lentamente ma inesorabilmente riscoprendo i <i>generi</i>. Merito, forse, di precursori come Gabriele Salvatores o Giuseppe Tornatore, che però hanno sempre dato l'impressione di esser tipi da quartieri alti. Merito, sicuro, di Stefano Sollima, che da <i>Romanzo Criminale</i> a <i>Gomorra</i> ha shakerato a dovere le certezze di tanti produttori. Ecco dunque <i>ACAB</i>, e <i>Jeeg Robot </i>e ancora <i>Mine</i>. E soprattutto, <i>Smetto quando voglio</i> di <span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0);">Sidney Scibila, una ideuzza ben riuscita di un paio di anni fa che è letteralmente esplosa in mano ai suoi creatori con la storia molto contemporanea di un gruppo di ricercatori che per tirare a campare in un'Italia affatto meritocratica si butta nella produzione e nello smercio di Smart Drugs. Molto <i>I soliti ignoti</i>, un po' <i>Romanzo Criminale</i>, la gang ha fatto il suo e adesso si ripresenta al pubblico con un secondo capitolo. Il limite maggiore di <i>Masterclass</i> sta nella struttura, ostica per chi non ha visto il primo film, semplicemente traditora per chi magari non prevedeva di vederne un terzo: perché a un certo punto la storia si interrompe e basta, ci vediamo al prossimo spettacolo per vedere come va a finire, manco fossimo la Trilogia dell'<i>Hobbit</i>. Una deriva da mercato estero, insomma. Che però, per osmosi, è percolata anche nello script, dando spessore, solidità e concretezza a gag, svolte drammatiche, invenzioni e scene d'azione, consegnandoci un film leggero ma maledettamente <i>universale</i>. Scibilia supera in scioltezza il confronto con un budget più ricco e una trama più articolata senza risparmiarsi qualche salutare colpo basso e dando il giusto spazio a tutti i membri dell'armata brancaleone contemporanea. Qualche sbavatura nella direzione degli attori, che qua e là dà una certa impressione di "buona la prima", e in una colonna sonora troppo paracula e invadente: ma in termini di spettacolo e pura confezione, un centro pieno e una nuova conferma della rinascita di un cinema italiano leggero ma non stupido, e in grado di raccontare storie. Roba che non si vedeva da molto, troppo tempo.</span>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-23577405272043527862017-01-12T00:50:00.001+14:002017-01-12T00:52:17.383+14:00Gli alieni al tempo del kaffeee <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjORfxwJQo0vYtDDHGucRFTlMw_GN8gbsYk3MoKQehbCuVL_5-cT6XbkJ2oJlIk9O7jzBBbGSn2wKZ2wu_4UVpIdeuOITXzq6U2EkRxz2-PtvRLaGNFDZvQloQktQ0-vHdLiSLlxBBo6Fw/s1600/amy-adams-arrival.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjORfxwJQo0vYtDDHGucRFTlMw_GN8gbsYk3MoKQehbCuVL_5-cT6XbkJ2oJlIk9O7jzBBbGSn2wKZ2wu_4UVpIdeuOITXzq6U2EkRxz2-PtvRLaGNFDZvQloQktQ0-vHdLiSLlxBBo6Fw/s400/amy-adams-arrival.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Gira e rigira, siam sempre lì</td></tr>
</tbody></table>
<i>Arrival</i> è due film in uno.<br />
Quello convincente è praticamente <i>Incontri ravvicinati</i> aggiornato ai nostri tempi, un volo pindarico nella pancia del Pianeta. Metti che un giorno improvvisamente ai quattro angoli del mondo compaiano delle astronavi aliene alte centinaia di metri e totalmente indecifrabili, come reagiremmo noi terrestri?<br />
La risposta è sostanzialmente <i>Buongiornissimo kaffeee</i>. E la metafora neanche troppo nascosta punta tutto sulla paura del diverso, sullo spirito becero dei tempi, sul terrore delle merdose realtà ineluttabili della vita che Denis Villeneuve di <i>Sicario</i> inquadra con una tavolozza desaturata degna del miglior cinema recente.<br />
Poi c'è la parte più fragile della storia. Una sottotrama troppo esangue, che svela le sue carte troppo in fretta e allo stesso tempo troppo lentamente, traino di un discorso sulla relatività del tempo ormai nel DNA di tante pellicole di fantascienza da <i>2001: Odissea nello spazio</i> a <i>Interstellar</i>. E che però il regista affronta con un senso di solennità assolutamente sproporzionato alla ciccia narrativa fornita dal racconto breve di Ted Chiang all'origine del film, mai all'altezza di un lungometraggio di due ore. Praticamente, la montagna con tutto il topolino.<br />
Compresso fra questi estremi, <i>Arrival</i> si illumina a intermittenza. Uno spettacolo affascinante, ma diseguale, che trova il suo limite più macroscopico in un autocompiacimento degno del <i>The</i> <i>Revenant</i> di Inarritu, ma senza la stessa capacità di scavarsi la strada con le unghie e gli artigli fra gli istinti primordiali dell'animo umano e con un retrogusto consolatorio che ne limita le potenzialità. Alieni bellissimi, però, e un comparto visuale molto sopra il budget bassino. Accontentiamoci.<br />
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-1851158852047811512016-12-24T02:18:00.001+14:002016-12-24T02:18:07.616+14:00Euforia passeggera<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRa9xswFOKrBzspSchwUAH3IH_D9yiJcQMe9lZ0Jz9Vi_Cou69n8WcRtJMfIMTnbflMeyveBeO6BtHWu7sOns3V4HvAAeAEg_MrGCZLKVAZAuixJXOmnXLD6LHQsRPkmzKKRe_wf7yfsA/s1600/chris-pratts-passengers-trailer-lands-with-new-images-2016-images.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="255" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRa9xswFOKrBzspSchwUAH3IH_D9yiJcQMe9lZ0Jz9Vi_Cou69n8WcRtJMfIMTnbflMeyveBeO6BtHWu7sOns3V4HvAAeAEg_MrGCZLKVAZAuixJXOmnXLD6LHQsRPkmzKKRe_wf7yfsA/s400/chris-pratts-passengers-trailer-lands-with-new-images-2016-images.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ancora 5 minuti, Jennifer</td></tr>
</tbody></table>
Mezz'ora dopo i titoli di testa di Passengers, sei lì che ti dai dei pizzicotti.<br />
Possibile? Un blockbuster fantascientifico con un'idea.<br />
Tutto è cominciato <i>in medias res</i>, su un'astronave in volo verso un pianeta lontano carica di passeggeri sotto ghiaccio. Per un guasto del computer di bordo, uno dei cinquemila baccelli di supporto vitale si è dischiuso e il passeggero ivi contenuto si è svegliato.<br />
Solo.<br />
Nell'immensità dello spazio.<br />
Su un'isola deserta hi-tech lunga un chilometro.<br />
Con la prospettiva di esaurire il suo ciclo vitale durante una trasvolata lunga un secolo.<br />
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Ce ne sarebbe abbastanza da uscire di testa, e infatti è proprio questo che succede. Perché pur tentando di darci dentro con l'intrattenimento di bordo, dopo un anno di bagordi il nostro eroe comincia ad averne piene le scuffie.<br />
Ma ehi, ecco la soluzione: selezionare la ragazza più bella dei baccelli, manomettere la sua capsula per svegliarla, e trascorrere il resto della vita con lei nella più assoluta opulenza. <br />
<br />
A questo punto potrebbe davvero succedere di tutto. Ipotesi horror: come in <i>Shining</i>, lui potrebbe perdere la trebisonda, trasformando la nave spaziale nell'Overlook Hotel. Ipotesi melò: lei potrebbe stancarsi di lui e decidere di scongelare un terzo incomodo. Ipotesi drammatica: magari lui potrebbe aver risvegliato una malata terminale destinata a spegnersi di lì a poco. Ipotesi <i>bizarre</i>: uno dei due potrebbe rivelarsi un'automa tipo <i>Westworld</i>.<br />
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A quel punto, però, il film si ricorda di essere scritto da Jon Spaiths. Sì, quello che ha scritto <i>Prometheus</i>, il prequel deficiente di <i>Alien</i>. E, orrore, si adegua. Diventando la Space Opera più scema dall'uscita di <i>Viaggio nella Luna</i> di George Meliés. (Che però, per lo meno, durava un quarto d'ora scarso).<br />
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Qui, invece, tutto precipita rovinosamente dal trentesimo minuto in poi e fino alle due interminabili ore che seguono, buttando nel cesso le pur credibili performance di Chris Pratt e di Jennifer Lawrence, il design strepitoso di Guy Hendrix Dyas, i milioni della Sony/Columbia e tutto il resto. Meglio, molto meglio tornare a dormire, e non svegliarsi più per i prossimi cento anni. E sognare, forse, il film che sarebbe potuto essere e mai non sarà.<br />
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<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-14747509392021592712016-12-15T22:44:00.001+14:002016-12-17T07:41:36.469+14:00Lo Star Wars che stavate cercando<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjP-H9OCiN24QaHLJzsHLwX_kozkiYSogMBi81ZpmGMlt1YMzxYixoFfeMgy11Ub7qVbIrihNexSZiK60TT1TmTHGarLBABw3NY-lccy4c2uT4ZoZr5dTG84-RLNwfc-D9Mn8L6IxVOBEo/s1600/rogue-one-1.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="198" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjP-H9OCiN24QaHLJzsHLwX_kozkiYSogMBi81ZpmGMlt1YMzxYixoFfeMgy11Ub7qVbIrihNexSZiK60TT1TmTHGarLBABw3NY-lccy4c2uT4ZoZr5dTG84-RLNwfc-D9Mn8L6IxVOBEo/s400/rogue-one-1.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">El Grand Moff l'è minga un loff</td></tr>
</tbody></table>
Buffo, dopo quarant'anni, ritrovarsi fuori dall'ultimo episodio di <i>Guerre Stellari</i> con il medesimo sorriso beota in faccia. A maggior ragione considerando la mezza delusione di <i>Episodio VII</i>, il suo script da manuale Cencelli del fan service, il cinismo bottegaio nei confronti delle icone create da George Lucas, i suoi ammiccamenti da <i>cash cow</i>.<br />
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E invece, tie': a debita distanza dal centro della galassia lontana lontana, Gareth Edwards raccoglie il pizzino seminato dal leggendario responsabile degli effetti speciali ILM John Knoll, e confeziona un film (quasi) all'altezza del prototipo. Meglio: un film per <i>chi era là quarant'anni fa</i>. E lo fa restando fedele all'essenza della fiaba originale e dei suoi archetipi junghiani, senza indulgere in (inutili) sentimentalismi nei confronti dei personaggi, usando lo humour con parsimonia ed essenzialità, lavorando duro sul linguaggio visivo per riportare l'Impero dalla parte giusta della barricata, quella dei malvagi senza redenzione. Ed ecco lo Star Wars che stavate cercando e che in tantissimi avete lungamente atteso, rosicando di fronte ai peluche degli assaltatori imperiali o alle sneaker da conducente di AT-AT. Fulminatori rigorosamente puntati sotto la cintura, character ambigui, mai troppo rassicuranti né simpatici, cattivi nazi, battaglie campali sopra e sotto l'orizzonte. E a incombere su tutto, l'ombra di una Morte Nera minacciosa quanto nel 1977.</div>
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Ci voleva un film così, per cancellare dal palato il gusto dolciastro della premiata fabbrica di giocattoli JJ. Abrams & Co. E la Lucasfilm è riuscita nell'impresa. Questo vale molto più dei difetti del film - il 3D totalmente gratis, la regia impersonale ma <i>serviceable</i>, la recitazione un po' monocorde di alcuni membri del cast, la partenza da Diesel, i troppi finali. E lascia addosso la voglia di tornare nello spazio il prima possibile. Non era scontato.</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-12094808155526101732016-11-17T09:27:00.000+14:002016-12-22T06:59:48.947+14:00La legge di Newt<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFhzwblwKlYHDuy0GFFCTBoWAYaSDYi1Iqn1hluaWHzzxAdmJgQC9aNeb8u7Q-3FIEeHJhVNb98SKAEC6ZRjZPSGAz3bAkwDkKpXC_QV6G64RrRoTI_gLqVEWQGCZ_vxxcHqIwAk-5v6o/s1600/C_2_articolo_3033899_upiImagepp.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFhzwblwKlYHDuy0GFFCTBoWAYaSDYi1Iqn1hluaWHzzxAdmJgQC9aNeb8u7Q-3FIEeHJhVNb98SKAEC6ZRjZPSGAz3bAkwDkKpXC_QV6G64RrRoTI_gLqVEWQGCZ_vxxcHqIwAk-5v6o/s400/C_2_articolo_3033899_upiImagepp.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">zing-a-ding</td></tr>
</tbody></table>
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Farà il botto, questa nuova incursione della Warner Bros. nel mondo fantastico creato da J.K. Rowling, autrice e sceneggiatrice degli Animali Fantastici di David Yates? La major americana, fiaccata dalle mazzate subite di recente con <i>Peter Pan </i>e <i>Tarzan</i> nonché dalle performance ottime ma non eccelse dell'universo cinematico DC, ci conta molto. E si vede: in fatto di caramelle oculari, il primo capitolo della saga di Newt Scamander ridimensiona i pur efficaci effetti digitali di <i>Doctor Strange</i> a un gioco di fumo e specchi. Sul resto, però, qualcosa da eccepire c'è. Perché come macchina da spettacolo <i>Animali fantastici e dove trovarli</i> è scatenata, possente, iperdettagliata, ma mai archetipica quanto quella messa in campo a suo tempo da Chris Columbus & C. con i sette capitoli di <i>Harry Potter</i>. Quindi, per molti versi, più fragile.<br />
Priva delle figure junghiane del bambino forte, dell'ombra, del vegliardo, etc. la produzione si affida a una maschera che gioca tutto su un divertito candore alla Buster Keaton e su un bestiario degno dei kolossal fantascientifici più ricchi e più recenti. Emozione garantita, soprattutto nella seconda parte, ma non esente da qualche piccolo rimpianto: perché la regia molto beneducata di David Yates abbandona subito il punto di vista umanissimo dello spettatore incarnato dal non mago della compagnia, Jacob, per inseguire i sortilegi di una narrazione forzatamente interlocutoria e <i>ça va sans dire</i> solo foriera di cose a venire. Restano però impresse nella retina l'azione scatenata, la recitazione deliziosamente sopra le righe dei personaggi in carne e ossa e di quelli digitali, la confezione impeccabile e iper-stilizzata e l'anima delicatamente ecologista, che a ben vedere il cattivo è solo venefico smog color carbone. Un inizio discreto, e un film imperfetto, che però lascia addosso la voglia di vederne altri.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-45146726249452849972016-10-27T02:23:00.001+14:002016-10-27T02:23:08.543+14:00Strano ma vedo<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO6_MqkKw_s9F127cUwjPnuPRil2njNJyyulL2jV_rB_2eN_RJE67nqPKEwk8qazN7R-Ok8F1voJ-UK2ggUf-AhLgBvUT2DnYg4FKJ0EzNNrzgmUt00tXnuQphM5ErzvVO1MZKChodbDk/s1600/doctor-strange-pic-full.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO6_MqkKw_s9F127cUwjPnuPRil2njNJyyulL2jV_rB_2eN_RJE67nqPKEwk8qazN7R-Ok8F1voJ-UK2ggUf-AhLgBvUT2DnYg4FKJ0EzNNrzgmUt00tXnuQphM5ErzvVO1MZKChodbDk/s400/doctor-strange-pic-full.jpg" width="300" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Facciamo gli scongiuri</td></tr>
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<div style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; line-height: normal;">
I difetti son gli stessi di praticamente tutti i film Marvel Studios. Budget non eccezionale visibile in controluce negli effetti digitali non sempre eccelsi, fotografia plastificata, un cattivo poco motivato dalla scrittura e dall'interpretazione sottozero di Mads Mikkelsen e il canonico finale fine di mondo che ogni cinefumetto che si rispetti porta con sé. Ma una volta tanto, <i>Doctor Strange</i> ha anche parecchi pregi: rispetto del materiale originale, che qui balza sullo schermo nelle sequenze sotto acido rubate alle tavole di Steve Ditko e alle trame misticheggianti di Stan Lee; gentilezza nei confronti del gentile pubblico, ampiamente risarcito del prezzo del biglietto con un po' di humour e genuino <i>sense of wonder</i>; un cast abbastanza centrato anche nella scelta dei comprimari; e per finire, un 3D perfettamente funzionale al ritmo vertiginoso di un racconto fitto di balzi reali e metaforici. Derrickson dirige con mano ferma e ottimo senso della suspense, ben asservito da una scrittura piuttosto credibile anche nelle sue svolte più estreme e nelle ovvie concessioni alla continuity della premiata ditta, confezionando un film realmente unico rispetto al panorama delle pellicole ispirate ai super-eroi e finalmente adatto a un pubblico familiare, con padri e figli idealmente uniti nei bagliori arcani dell'Occhio di Agamotto. Resta da vedere se il sortilegio paghi, in termini di appeal. Qui si spera di sì, e si è deciso di risparmiarsi le immancabili scene post-crediti con l'immancabile annuncio di immancabili team-up. Come diceva Veltroni, non si interrompe un'emozione.</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-63494735528596626462016-10-26T02:26:00.001+14:002016-10-26T02:26:11.244+14:00Dead e basta, diciamo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAPCVc5L6NozRl_JpEezF9F4fwFk_kn0UDGz1AT5zL9bVaBG0kc8EQKX4UJEFNJAAdjunwC2o8e78VoDTV3U5beY86BsgmM3Ekk1cjNvx39sQtKGAZpcyY5NLAShjF2_9PeJKJdbabX88/s1600/dead-or-alive-morto-cantante-pete-burns-660x440.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAPCVc5L6NozRl_JpEezF9F4fwFk_kn0UDGz1AT5zL9bVaBG0kc8EQKX4UJEFNJAAdjunwC2o8e78VoDTV3U5beY86BsgmM3Ekk1cjNvx39sQtKGAZpcyY5NLAShjF2_9PeJKJdbabX88/s400/dead-or-alive-morto-cantante-pete-burns-660x440.jpg" width="400" /></a></div>
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Ciao Pete Burns dei DOA.<br />
Me ne hai messo di pepe al culo, ai tempi!Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-88788441408420351702016-10-12T06:32:00.002+14:002016-10-12T06:32:37.943+14:00C'era una volta il Mest<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnyCYJkJgdkNJ-W2_Km_NAVTpZvH-OrmWNciCCUFabp6G4SGLvMXl2MMXWvBL4Cpm3pxX7WAUfQ6Ml1flwixeLMi17JrhL2HjznndGLKCxxfQ4KnCu6EBg23HFinrimI9LKre3fDrGoXc/s1600/westworld-dreams-trailer.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnyCYJkJgdkNJ-W2_Km_NAVTpZvH-OrmWNciCCUFabp6G4SGLvMXl2MMXWvBL4Cpm3pxX7WAUfQ6Ml1flwixeLMi17JrhL2HjznndGLKCxxfQ4KnCu6EBg23HFinrimI9LKre3fDrGoXc/s400/westworld-dreams-trailer.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Putin on the ritz</td></tr>
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Chi si aspettava una serie di pronta beva come <i>Il Trono di Spade</i> potrebbe anche non affezionarsi a questo <i>Westworld</i>, versione aggiornata e cupissima del terminator ante-litteram <i>Il mondo dei robot </i>di Michel Crichton (1973). Buone notizie, invece, per chi apprezza le provocazioni a lento rilascio, perché il nuovo blockbuster a puntate della HBO da questo punto di vista ha molto, moltissimo da offrire. Ritmi lenti, d'accordo, e suggestioni molto più dure da digerire rispetto all'azione pura dell'originale. Ma in puro stile Jonah Nolan, che qui firma l'impianto dello script e la regia del primo episodio, anche salutari provocazioni sul senso dell'esistenza, sui confini sempre più labili fra realtà e immaginazione e sui frutti velenosi di relazioni sempre più superficiali e oggettivate: perché è davvero breve la distanza fra le sevizie gratuite nei confronti dei robot e quelle terribili offerte della cronaca attuale, i Boettcher i Levato i Foffo i Prato eccetera. E sì, sono incubi dai quali bisognerebbe svegliarsi, ma intanto si vive in un tutto-e-subito che ha il sapore di una barbarie tecnologica in attesa di una rivoluzione che ha i contorni sfuocati del miraggio, e chissà se mai arriverà. Grande cast, su tutti Evan Rachel Wood, Thandie Newton ed Ed Harris, che rubano la scena stendendo lentamente i binari di una narrazione che procede a sussulti e sbuffi, sempre uguale e sempre diversa, come l'itinerario della locomotiva a vapore che fende le praterie del Mondo Western. Ma nonostante i limiti di un prodotto da fruire settimana per settimana e le piccole concessioni al mainstream, l'impressione è quella del grande cinema. Sarà pure artificiale, ma quando c'è l'intelligenza è sempre gradita. Ogni lunedì sera alle 21 su Sky Atlantic.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-9027158828388438972016-09-14T21:21:00.000+13:002016-09-14T21:21:15.645+13:00La Cheney dei cretini<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqSCw1oCM020fyszJ7TSEUYCogqxTfGblmZdnYZ0XKWBMYPuo6kdIxr0nz_OwyP5QoiX1THZnTVukypIoqGJnO5ze3qISSniJYWKepv6aeN4YAP7jTHhdXme5k_n4wv29dZDHw1aKvIGo/s1600/thumbnail_24172.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqSCw1oCM020fyszJ7TSEUYCogqxTfGblmZdnYZ0XKWBMYPuo6kdIxr0nz_OwyP5QoiX1THZnTVukypIoqGJnO5ze3qISSniJYWKepv6aeN4YAP7jTHhdXme5k_n4wv29dZDHw1aKvIGo/s400/thumbnail_24172.jpg" width="400" /></a></div>
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E insomma, alla fine Donnie Azoff di <i>The Wolf of Wall Street</i> esce di galera, ingrassa ulteriormente e mette in piedi il suo nuovo <i>business</i>: una bella rivendita di armi. E con questo potremmo chiudere la questione <i>Trafficanti</i>, visto che il nuovo film di Todd "Una notte da leoni" Phillips cerca tanto disperatamente di arrivare alle altezze siderali di Scorsese da sfruttarne all'osso tutti i manierismi, dal "segui la grana" al <i>freeze frame</i> alla voce fuori campo del protagonista a sottolineare gli snodi narrativi. Ma dal momento che Phillips sta a Scorsese come Boldi & De Sica a Chaplin, la lotta è impari. E sì, <i>Trafficanti</i> resta divertente, a tratti brillante, a tratti amaro, e quando arriva al punto cioè alla <a href="http://www.rollingstone.com/politics/news/the-stoner-arms-dealers-20110316" target="_blank">vera storia del pacco della premiata ditta Diveroli-Packouz ai danni dello zio Sam</a>, addirittura interessante. Ma la sensazione che ti lascia addosso è quel certo non so che di già visto che boh insomma però tanto valeva chiamarlo <i>The Wolf of Wall Street colpisce ancora</i>. Come variazione sull'intreccio molto calvinista del far la grana disonestamente e poi pagarla, si . Bellissimo però il finale vagamente Chris Nolan: alla fine il tipo i soldi li avrà presi o no? Saperlo.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-34522998048497362372016-08-30T09:01:00.001+13:002016-08-30T09:01:09.595+13:00Potrebbe piovere<div><br></div><div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQJ2tTe_cN_48y2WBr-x35tIgzEF1jxVbAwbSSSIsyJ48syQj-1VHgl2Ct4HKJJ_zbjFWkvFBTeTlav9ML9p4pBW77NljT7Q-R07wcmNfRKf9OmDn65rTKVh8Gfp1us5_K3ZBMEyxhtRg/s640/blogger-image-416440243.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQJ2tTe_cN_48y2WBr-x35tIgzEF1jxVbAwbSSSIsyJ48syQj-1VHgl2Ct4HKJJ_zbjFWkvFBTeTlav9ML9p4pBW77NljT7Q-R07wcmNfRKf9OmDn65rTKVh8Gfp1us5_K3ZBMEyxhtRg/s640/blogger-image-416440243.jpg"></a></div><br></div>Gene Wilder è tornato a far coppia con Marty Feldman. E non c'è proprio niente da ridere.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-12009774755700144922016-08-27T19:41:00.001+13:002016-08-27T19:41:33.483+13:00La distanza<div><br></div><div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjnFINXJZyRTxb6qArGW34azBEWME5T0v6q5OQnIX6tZsii3gD6XKuwYzDfrEfJE1sfFDPCF8H7jmFmA8RcCcIXgnaYnjrrVDZUy2d4AqxAwYHiea60IT55CDlsdAJV-PJ9pCMC-EZoYo/s640/blogger-image-673434076.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjnFINXJZyRTxb6qArGW34azBEWME5T0v6q5OQnIX6tZsii3gD6XKuwYzDfrEfJE1sfFDPCF8H7jmFmA8RcCcIXgnaYnjrrVDZUy2d4AqxAwYHiea60IT55CDlsdAJV-PJ9pCMC-EZoYo/s640/blogger-image-673434076.jpg"></a></div><br></div><div><span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">Lo vogliamo ricordare così, marcando la distanza.</span></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-662635612259544977.post-75118367779179183862016-08-23T05:53:00.001+13:002016-08-24T20:26:31.328+13:00Cieco da vedere<div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8yamdBLcQvUQ6YbfSlJmPzeuCqv6YB_Wx8Tq13xMl4KhXiOc2QXA1NdW86gtxXjRh8VKok7JAl5ocOHhpQvFQzCUeM9RrIxm7Vxd6x_mqsfio2duFWODc1NkCqfMKNuQF6my2cyKSkK0/s640/blogger-image--1369048824.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8yamdBLcQvUQ6YbfSlJmPzeuCqv6YB_Wx8Tq13xMl4KhXiOc2QXA1NdW86gtxXjRh8VKok7JAl5ocOHhpQvFQzCUeM9RrIxm7Vxd6x_mqsfio2duFWODc1NkCqfMKNuQF6my2cyKSkK0/s640/blogger-image--1369048824.jpg"></a></div><br></div><div><span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">Un'altra casa infestata per il Fede Alvarez già dietro il remake (gratuito) di </span><i style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">The Evil Dead</i><span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;"> di Sam Raimi. Stavolta, però, niente spiriti dannati demoni sumeri né presenze soprannaturali: il villain ha l'occhio spento e la fisicata da squalo bianco di Stephen Lang, il generalissimo cazzuto di </span><i style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">Avatar</i><span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">. Che qui è una versione pompata e feroce di Clint Eastwood in </span><i style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">Gran Torino</i><span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">. </span></div><div><span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">Logico immaginare cosa possa succedere quando tre topi d'appartamento fighetti attirati dal miraggio di un favoloso gruzzolo irrompono nel buen retiro del cecato muscoloso in canottiera d'ordinanza: cazzi enormi per tutti. Alvarez (accento sulla prima A) tiene agilmente botta finché la faccenda resta sui binari del thriller duro e puro senza fronzoli da </span><i style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">torture porn</i><span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">. Poi scatta il </span><i style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">big twist,</i><span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;"> e il film perde un po'. Ma poco, perché 1/il character design è bello solido, e va molto oltre la media del genere, con un cattivo che per buona parte del film è puro istinto omicida perfettamente funzionale allo scopo e al plot, 2/la scrittura è essenziale efficace, spietata e 3/Alvarez ti tiene in tensione per un'ora e trentacinque minuti tiratissimi senza risparmiarsi quei due o tre virtuosismi registici che fanno sempre tanta allegria. Un giochino che funziona alla grande, fa venir voglia di vederne ancora, e mette parecchia ansia. Non male davvero, visti i tempi.</span></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/14483580790334411906noreply@blogger.com1