mercoledì 21 marzo 2018

Playerone (leggi: un player bello grosso)


Cosa ci vuole per dare un anima al nuovo cinema digitale? Un regista vero. Un regista come Steven Spielberg, per dire. Che magari manca della cattiveria di un Verhoeven o della visionarietà junghiana di un Del Toro. Ma che in fatto di sense of wonder, talento per la messa in scena e sfruttamento del lavoro minorile ha ancora abbastanza argomenti per dare le piste a tanti mestieranti del blockbuster. E che ormai, non dimentichiamolo, fa cinema solo per puro divertimento.
E questo è Ready Player One, trasposizione nuova e migliorata del romanzetto young adults di Ernest Cline sulle avventure di un avatarro in un mondo virtuale che sembra una versione sotto steroidi dell'universo di Ralph Spaccatutto.
Un blockbuster ricco e denso come una pastiera, e come la pastiera progettato per offrire un doppio godimento: quello di una quest che ingrana la quarta al minuto cinque con Jump dei Van Halen accelerando a tavoletta fino ai titoli di coda. E quello del puro metacinema che costringe lo spettatore a districarsi fra decine e decine di citazioni dal meglio dell'entertainment dagli Anni '30 a oggi, da Batman a Halo. Cartoni giapponesi, super-eroi, franchise videoludiche, fumetti, pupazzetti, vecchie console, nuove identità virtuali, icone post-moderne. E su tutto, un messaggio tanto semplice da risultare disarmante ma molto attuale - con tutti i suoi difetti, la realtà è sempre un gran bel trip.
Le previsioni per il box-office statunitense non paiono eccezionali, e questo è un peccato: perché al netto di qualche lungaggine nel terzo atto, era dai tempi di Pacific Rim e Mad Max Fury Road che un film non sfruttava la gioiosa macchina da guerra hollywoodiana così a fondo, così consapevolmente e così sapientemente. Ma al di là di quello che succederà al debutto, per una volta il consiglio è di trovare la sala IMAX più vicina e inforcare gli occhiali 3D: il buon vecchio zio Steven ci ha regalato un family movie che incollerà alle poltrone tutti noi avanzi di The Big Bang Theory e pure i nostri figli. Tutto il resto è noia.


venerdì 19 gennaio 2018

La forma dell'acqua: e naufragar m'è dolce

Glubblubblubb
Era attesissimo per chi non ha avuto la fortuna di vederlo a Venezia, questo La forma dell'acqua di Guillermo Del Toro. Aspettativa pienamente ripagata: come i migliori film del regista di Guadalajara, Shape è una meravigliosa favola dark. Dove "meravigliosa" sta per "intrisa di infantile sense of wonder", "favola" sta per "deliziosamente telefonata" e "dark" sta per "inadatta ai più piccoli" (remember, è Del Toro, un fottuto cara de nopal che non teme sangue né altri umori corporei).
Se qualcuno si stesse chiedendo quale potesse essere l'Edward Mani di Forbice di questa generazione, be', qui abbiamo un signor candidato. A questo giro l'estetica freak è tutta al femminile, in quello schianto di Sally Hawkins, piccolo mostro di bravura e imprevisto sex appeal alle prese con l'amore per il diverso sia esso alieno, gaio o negro che si porta sulle spalle tutto il film con un'interpretazione da baciarle i piedi. E se l'antagonista di turno è un Michael Shannon ormai prigioniero del solito copione da questurino nazista, pazienza: a rimescolare le carte provvedono i personaggi secondari che affiancano la protagonista nella sua avventura, dal "mostro" (Doug Jones, e chi se no), al vicino imborghesito, alla collega di buon cuore.
Nelle mani di Del Toro, lo script universale scritto dallo stesso regista insieme con Vanessa Taylor fila via veloce e sicuro come una creatura in una laguna nera, ben sostenuto dalla fotografia sinth-pop di Dan Laustsen (John Wick) e dalla colonna sonora di Alexandre Desplat, strano, levigatissimo e inscalfibile oggetto cinematografico che frulla insieme birignao visivi in stile Amelie, Monster Movie Anni '50 e citazioni da Charlie Chaplin.
Non per i bambini o almeno non per tutti, si diceva. Ma tutti quelli abbastanza grandi da aver provato l'emozione di un sogno che si avvera quando ormai non ci speravi più, unghie nei braccioli e lucciconi sono una garanzia.