giovedì 30 maggio 2013

Shang Chi, ciucia chì

Pesta alla Genovese


L'altro giorno alla premiazione di Full Comics Diego Cajelli mi dice: ti mando il .pdf.
Ci ho detto: niente .pdf. esigo carta, forbice e sasso, perché la morra cinese o la giochi fino in fondo o non la giochi per niente.
E lui in questi mesi l'ha giocata fino in fondo, tritando nel calderone la sua innata suburbana milanesità, il suo perenne oscillare fra ironia e azione spaccaculi, il suo indiscutibile mestiere, le sue libidini, coinvolgendo nell'impresa un pool di artisti pronti a oscillare come giunchi sotto mulinelli impetuosi di documentazione in agrodolce.
Quindi Long Wei. Il primo eroe milanese dai tempi di Lando Trepalle. Un eroe che non a caso ha quattro palle così, e che domani dopo una lunga attesa arriva in tutte le edicole del regno pronto a dispensare mazzate sul coppino a tutti gli aventi diritto.
Domani. Tocca segnarselo. E tener sempre presente il vecchio detto cinese: prima di dire al coccodrillo che ha l'alito cattivo occorre attraversare il fiume. Non vuol dire un cazzo, ma accidenti se suona bene.

mercoledì 29 maggio 2013

Chiudere bene

E se lo dice lui


Che poi, a pensarci bene, il più delle volte prima di strillare una notizia in prima pagina basterebbe verificarla andando alla fonte.
Ieri, per esempio, sia Repubblica che Corriere davano Linus per moribonda. Un coccodrillo scopiazzato senza troppa grazia da un'ANSA, la classica roba frettolosa buttata lì per stare sul pezzo.
Trasalgo, apro la mail, e scrivo al mio amico Michelinus Van Pelt. Ma è vero che chiudete baracca? Non ci posso credere. E Michelinus mi scrive:

Cacchio, uno shock: credo sia la prima volta che Linus salta un numero.
Comunque risulta da fonti certe che il numero nuovo si fa: la situazione dell'editore si sta normalizzando, whew. 
A 'sto punto spero che questa pessima ventina di giorni porti a un piccolo bilancio.

Non cazzi amarissimi, dunque, ma al massimo amaretti, da accompagnare con un tè all'altezza di questa primavera molto autunnale nell'attesa che la rivista di fumetti e d'altro mia coetanea (first issue: 1965, vacca boia) torni a sberlusciare nelle edicole ricca colorata e interessante come non mai. Che in effetti, le molte primavere sembravano averle tolto un po' di smalto.

martedì 28 maggio 2013

Akira, Again

Anche il poster, però, non è che, insomma...

Venticinque anni del primo autentico blockbuster battente bandiera giappo distribuito in Italia. Lo vidi, e non mi finì: troppo spoglio e addirittura statico rispetto bellissimo fumetto di Otomo cui era ispirato, troppo lungo, troppo noioso, troppo incasinato, troppo troppo. Ma come ricorda Federico Ercole su il manifesto di oggi, Akira vive ancora nel ricordo di una generazione per cui il film ha rappresentato quello che Star Wars o Matrix hanno rappresentato per chi è venuto prima e dopo. Quindi, un film controverso e imperfetto come tutti i film epocali, ma un film importante. Che domani, per un giorno, torna al cinema: tutti i dettagli qui.

Little tomba

Una banana pazzesca


Ciao Antonio Ciacci AKA Little Tony. Sei il secondo Ciacci che se ne va in pochi mesi e senza ragazzi col ciuffo il mondo è brutto veramente.

lunedì 27 maggio 2013

Reevoltante


Cazzate volanti

Finalmente svelato l'arcano dei rapporti di parentela fra George Reeves e Christopher Reeve: una consonante ballerina et voilà, il compianto Cristoforo si trasforma come d'incanto nell'erede biologico di  Mr. Hollywoodland. Potenza della grande S.
Calci nel culo accademici all'anonimo morto vivente che ha scritto 'sta cazzata extralarge e al morto di sonno che l'ha lasciata passare: è vero che nel mondo dell'editoria son tempi cupissimi, ma in tempi non lontani un refuso del genere comportava la fustigazione in sala mensa. Però tanto, si sa, i fumetti di carta o celluloide son mica roba seria.

venerdì 24 maggio 2013

Penny eretty

Le acque chete eccetera eccetera


Tutto si può dire di Francesco Coniglio, ma non che sia uno che di fumetti non ne capisce. Un esempio? La compianta Blue: su quelle pagine procellose e porcellose hanno sbavato china e più appicicaticci umori sceneggiatori e artisti dagli attributi esagonali. Fra i tanti, c'era anche Werner Maresta, nome da vitellone romagnolo, una bella testolina maliziosamente ordinata e una gran mano con la quale gestire le sue pippette, mentali e non. Risultato: Penny Rogers, archeologa bastante osé molto fransé nello stile e molto, molto italiana nelle forme giunoniche e nella mescolanza di suggestioni fra alto e basso (ventre). Aggratis su internette, qua. Preparare i fazzoletti, please.

Tremila

Topolino rovesciato!


La cosa più bella di Topolino 3000, sfilato a cacciavitate all'edicolante di Milano Lambrate ieri mattina e consegnato ier sera alla Mariluccia con piglio vagamente brùsuillis, è tutta fra una storia e l'altra: pin-up, pin-up, pin-up, stampate piccolissime, porcaccia, ma belle belle belle in modo assurdo, piene d'amore e scoppiettii e autentico brio. Per il resto, giunta alla soglia dei trenta secoli di vita il settimanale del Topo si conferma come un prodotto di grandissimo mestiere, una piccola grande macchina da spettacolo pilotata da sceneggiatori e artisti con due cosi così. Menzione speciale per Artibani e Mastantuono per la loro gustosa avventura papera à la Cimino nonché per la "solita" Silvia Ziche alle prese con la eterna love and hate story fra Paperone e Brigitta. Medaglia nerd a Tito Faraci e Giorgio Cavazzano per la loro storia acquerellata di Topi, collezionismo e buoni sentimenti. E complimenti sparsi a tutti gli altri autori impegnati nello specialissimo tremillesimo numero. Cambierà qualcosa ora che il publishing Disney è passato armi e bagagli ai Paninari? Speriamo di no: dopotutto, negli States è successo l'inverso, e non si lamenta nessuno. Tranne, forse, qualche super-eroico lettore di lunga data. Ma è il mercato, bellezza.

giovedì 23 maggio 2013

Gallo di Dio

Brutto titolo, bel libro


In un pollaio come il nostro, ci voleva qualcuno che alzasse la cresta. Smisurate preghiere, Don.

martedì 21 maggio 2013

Porte chiuse

O' Ray in action, circa 1970

"This is the end, my only friend". Anche per l'organettista Ray Manzarek, che ora trascina il suo Vox su per le scale del Paradise, mentre per l'aere si spande il robusto e scoppiettante effluvio del cannone di benvenuto a base di erba delle Grandi Praterie testé appizzato da mr. Jim Morrison. Prosit.

lunedì 20 maggio 2013

Videoburrito con intenzioni serie



Alla larga dalle donne di facili costumi: ce lo conferma "Amor Express" di Sergio Lizàrraga e la Banda Sinaloense MS. Special guest: l'orrendo caffè Andatti di Oxxo, qui evidentemente abbassato a temperatura sopportabile agli esseri umani per esigenze di copione.

venerdì 17 maggio 2013

Figl Collins



Chi sarà quel tizio che sembra un po' Phil Collins, pesta sui tamburi un po' come Phil Collins e canta un po' come Phil Collins?
Centro: si chiama Simon Collins, e di mestiere fa il Collins. Dopo qualche esperienza solista non malaccio, Simon si è messo insieme a baldi giovani come John Wesley (Porcupine Tree), Hanna Hobart (Wishing Tree) e Dave Kerzner (Giraffe) per portare una ventata di aria freschetta al mulino del prog. Il disco si chiama Dimensionaut, sa di Space Rock e dai primi assaggi suona di brutto, anche grazie alla produzione levigata e frillosa di Nick Davis. Qui il sito ufficiale della band. Tante angurie.

Getting a little Gatsby


Era inevitabile, prima o poi, che Baz Luhrmann riuscisse a mettere le mani addosso a Francis Scott Fitzgerald. Tutte quelle entrature nella New York bene degli Anni 20, e poi feste indiavolate a base di sesso droga e ragtime, le storie di corna e di malaffare, i personaggioni più grandi della vita... Tanta roba - e tutta irresistibile - per l'ultimo grande autore di melò del cinema anglosassone.
Peccato che Il Grande Gatsby, nel senso del romanzo, col melò non c'entri granché.
Sì, la liaison tormentata del protagonista con la svampita Daisy c'è anche nel libro.
Ma lì è solo McGuffin, puro pretesto per il viaggio nel vuoto cosmico delle bella gioventù di Long Island, che nella realtà lo scrittore e sua moglie Zelda avevano visto da vicino e con cui avevano condiviso noie, languori, tic sbronze ed eccessi. I soldi e l'apparenza come faro e come dannazione.
E il Gatsby letterario è snello, asciutto, amarissimo, esistenzialmente tragico nell'accezione più nobile del termine, come un Flaubert o un Conrad fuori tempo massimo. Tutto il contrario del blockbuster firmato dall'australiano, che sostanzialmente ne fa un remake meno outrageous e per questo molto più normale di Moulin Rouge. Molta maniera nell'uso fuori contesto della musica tunza, nei ralenti insistiti esasperati, nell'uso dello schermo come bloc notes digitale a uso e consumo di Nick Carraway, qui promosso ad alter-ego di Francis Scott stesso.
Ma è proprio il fantasma di Fizgerald a salvare in corner la soap di lusso della Warner: sua la citazione che chiude il film, sue le stille di veleno che imballano lo stomaco, sua la malinconia che scava dentro e scatena la voglia di rileggere l'unico e solo Gatsby the Great ancora e ancora e ancora.
3D totalmente inutile, sfruttato solo per aumentare la profondità di campo, buio e a volte davvero troppo kitsch: meglio senza.

mercoledì 15 maggio 2013

The return of the zozzones


La prima puntata di "Spartacus" l'avevo già vista due mesi fa su TNT, ma sentire un trace parlare in inglese sottotitolato in spagnolo era un po', come dire, straniante.
Quindi: secondo giro.
"La guerra dei dannati" racconta la fine della storia, cioè come andò a finire fra Spartaco and his spartachistas e le legioni romane guidate da Crasso, già in odore di triumvirato con Caio Giulio Cesare e Gneo "che cazzo di nome, Gneo" Pompeo.
Occupy Campania, dunque, con grandi sbudellamenti in ralenty, amicizia virile a go-go e buongiorno, sono il testosterone palestrato.
Squadra che perde non si cambia. Tutti i martedì alle dieci su Sky Uno in versione casta. Per quella uncensored con tette, culi e sbocchi di sangue c'è il venerdì notte. ma cui prodest?

lunedì 13 maggio 2013

Mi ricordo Carpinteri


Ogni tanto, a guardare nello specchietto retrovisore della propria collezione di fumetti si notano dei dettagli interessanti.
Tipo che qualche giorno fa mi casca l'occhio sullo scaffale dei giurnalètt anni ottanta e mi accorgo di non avere niente dei valvolinici. Niente. Un po' di roba del prima, per es. Mattioli, ce l'ho. Un po' di roba del dopo, per es. Cyborg, che è un po' l'evoluzione naturale di quell'esperienza, ce l'ho. Ma dei valvolinici themselves, niente. Lo zero assoluto. il vuoto.
Tiro indietro l'orologio di trent'anni, e ricordo il senso di questa voragine: gli è che in quei giorni, i valvolinos mi stavano un po' qua. Se la menavano quanto Paz Scòzzari Liberatore & soci, ma al il mio occhio astigmatico-pasdaràno di diciottenne non pareva producessero altrettante squisitezze. Surfavano l'onda elettro-glam degli Anni ottanta con compiacimento irritante: comics come tagli di Orea Malià, come sfilate di Vivienne Westwood, come dischi dei Propaganda, come mobili del gruppo Memphis. Stravolgevano le regole del fumetto d'avanguardia anche nel format: per colpa LORO, Alter-Alter trasformossi in un accrocchio mezzo giornale mezzo poster che leggerlo senza farlo a brandelli e capendoci qualcosa era una bella impresa. Per fortuna. inseguito dai vaffanculi dei fruitori di quella memorabile stagione, l'esperimento sarebbe durato poco. Ma ormai il danno era fatto, e la mia bile montava come panna acidissima.
Dopodiché, dalle parti dei primi Anni 90, finalmente mi presentano Daniele Brolli, e scopro con un senso di vago stupore che se la tira molto, ma molto meno di quanto pensassi. Dopodiché, dalle parti dei primi Anni 90, Mattotti molla i fumetti, e diventa Mattotti. Dopodiché, per fortuna, anch'io a suon di bastonate finalmente cresco e smetto un po' della mia spocchietta.
Il buco resta, ma io, lentamente, dimentico.
Dopodiché, oggi, Coconino ti ristampa uno dei pièce de resistance dell'epoca, Polsi Sottili. La nuovissima ediz. dell'opera di Carpinteri conta il fumetto prodotto a suo tempo, più una storia che non ricordo di aver mai letto, più una gustosa intro con tante foto Anni 80 in cui i valvolinici sembrano gente normale, proprio come noi. Rileggo, e finalmente comprendo l'ampiezza della mia giovanile pirlaggine e della voragine nella mia libreria: perché al netto dell'esprit du temps, o forse proprio per quello, questa storia fra Orwell, mutanti Marvel, Futurismo e New Wave funziona. funziona come esercizio estetico. funziona come favola noir futuribile à la Alex Proyas prima maniera. Funziona come oggetto di arredamento. Funziona come narrazione di un'epoca che a suo tempo sembrava futile, leggerina, disimpegnata e invece aveva dentro un sacco di enzimi che, oggi, averceli.
L'unico limite di questa ricca, curatissima e giustamente cara edizione cartonata con rilegatura in tela e pelle umana di Coconino sta nell'assenza di bonus cartacei: a riguardarli oggi, i fumetti di Carpinteri, vien voglia di appenderli subito al muro. Quindi, direi che Coconino ci deve una litografia.
Firmata.
Per il resto, ventiquattro euro da spendere benissimo.

venerdì 10 maggio 2013

Heshkatologia


Pare arrivato fresco fresco dai rutilanti e frigidari Anni ottanta Ryan Heshka, raffinato illustratore canadese con un curriculum che va da Vanity Fair al New York Times a Playboy: tempere acriliche, più reminescenze di vecchie glorie dell'iconografia dark pop come John Willie e i rotocalchi di fantascienza tazzorra fra forties e fifties, più un sense of humour in punta di pennello: un mix geekissimo cui è molto, molto difficile dire di no. E a dirla tutta, pure di sì: a scoraggiare sono i prezzi delle sue deliziose favole surreali, una più bella e quotata dell'altra. Però nell'apposito shop ci si può portare a casa una stampa firmata e numerata a un prezzo accettabile. E per lustrarsi le pupille e le papille c'è il sito ufficiale. Buon pro.

Volo al cinema



Sto già là. Forza Cuaròn.

giovedì 9 maggio 2013

Inchiostro nero


Settanta artisti inchiostrati su ottocentosedici testate diverse e centotrentadue cover all'attivo, ma solo per la Marvel, dove si era ricavato un posto d'onore disegnando Doctor Strange: se n'è andato Dan Adkins, colonna misconosciuta del fumetto americano Anni sessanta e settanta. Un gregario, ma di lusso. Chapeau.

mercoledì 8 maggio 2013

Mostruoso



Ray Harryhausen è asceso al cielo.
Direttamente dalla cima dell'Empire State Building.

martedì 7 maggio 2013

Lo sguardo spento



Il nuovo Carosello è la fotografia nitidissima di un Paese morto: un'idea geniale ma vecchissima, realizzata cinicamente al risparmio, ricicciando immagini di repertorio vecchie di decenni con la scusa del vintage, buttando lì un teatrino Flash che vorrebbe rievocare il minimal-chic di Armando Testa ma senza la sintesi o i guizzi surreali dei bei tempi che furono o recuperando un'estetica filmica che però senza le maschere di vari Calindri, Manfredi ecc. ecc. non serve a un cazzo.
Una tristezza bestiale, soprattutto pensando che sì, molti protagonisti di quella stagione sono ormai passati a miglior vita. Ma i loro eredi non hanno i mezzi, le energie, le risorse per provare a reggere il paragone. Perché quella era l'Italia del Boom. E questa è un'Italia scoppiata. Una piccola sfumatura, che però fa una grande differenza.

Colpo gobbo



O forse, "Colpo al gobbo"? Va be'.
Non moriremo democristiani, noi.

lunedì 6 maggio 2013

Mi ricordo il Manzoni


Era il cinema più bello di Milano, il Manzoni.
Il più bello, e anche uno dei più importanti.
Inaugurato nel '47, disegnato (benissimo) dallo specialista in sale cinematografiche Mario Cavallè, zeppo di affreschi e sculture firmate da gentucola come Lodi e Messina. E last but not least, una sala a forma di volino da 1.200 posti.
Nei miei ricordi di giovine nerd è il cinema dove assistetti alla prima di "Guerre Stellari". Ricordo indelebile, dal momento che in cima allo scalone tipo Wanda Osiris che portava alla galleria mi attendeva la! Teca! Con! Dentro! Il! Costume! Di! Darth! Fener!
Roba forte, se hai dodici anni e sei già tendenzialmente un nerd.
Flash forward al 2006, quando il Manzoni, inopinatamente, chiude i battenti, stroncato dalla crisi, dalla ztl, dal caro parcheggi, dalla mala amministrazione ecc. ecc.
Gli squali della Pirelli RE, che già ci giravano attorno da un po', se lo pappano immediatamente. La promessa sarebbe quella di manetenre la stessa destinazione d'uso, quindi sistemarlo e rifarci un cinema. Ma gli avvocati della Pirelli, con la complicità della giunta Moratti, fanno ricorso e oplà, ottengono il permesso di farci uno shopping center.
Che prima o poi si farà.
A meno che nel frattempo, il collettivo Macao, che ha realizzato questo filmato qui sopra e occupato il Cinema, non vinca la sua nuova battaglia.
Gliela faranno stavolta i ribelli a inchiappettare l'impero? E chi lo sa. Intanto, consapevolezza.


(Che poi nella mia vita di Manzoni ce n'è stato un altro, ma ne parliamo un'altra volta, magari.)


Iron Man Tremens


E poi arriva il momento in cui vai a vedere un film di super-eroi e lo trovi un gran divertimento molto noioso.
Per la troppa carne al fuoco, che in un film solo non ci puoi ficcare tutti i generi che ti vengono in mente, il western, il thriller, la commedia, la spy-story, il buddy movie, la fantascienza, i comic books e tutto il resto senza pagare dazio.
Perché l'unica autentica sorpresa di una sceneggiatura che accumula più rivoli di una palude della Luisiana e più strati di una millefoglie è controbilanciata da una voragine, che se ci hai l'arma finale contro il terrore globale potevi anche usarla subito, senza aspettare i supplementari.
Perché se nel cast c'è Miguel Ferrer che fa il buono capisci subito da che parte sta. E se c'è Guy Pearce che fa il cattivo, si poteva evitare di conciarlo come Edward Nygma in Batman Forever.
Perché Bin Laden è morto.
Perché nonostante tutti i botti, i colpi di scena, le piroette, gli svolazzi e tutto il resto, si esce dal cinema con la sensazione che magari Tony Stark tornerà, ma Robert Downey Junior, che finora ha retto tutta la baracca con encomiabile paraculaggine, non è detto che muoia dalla voglia di tornare. Anzi.
Perché il product placement è sfruttato con la stessa sottigliezza di una commediaccia italiana Anni settanta.
Perché senza ironia non ci può essere Iron Man.
Perché mancano i Black Sabbath.
Perché stringi stringi, questo film racconta poco. E anche una quarantina di armature luccicanti, vuote, sono solo un ammasso di ferraglia buono per farci i pupazzetti.
Un finale in calando, insomma, anche e soprattutto alla luce delle lodi sperticate del 99% della popolazione mondiale.

sabato 4 maggio 2013

Quello della notte



È meglio riguardarsi un bel programma vintage piuttosto che rimbambirsi con i programmi Rainvest.
Grazie di cuore, Maestro.