martedì 14 giugno 2011

Seriale ma serio


Cita il film cinese The City of Life and Death, ma anche la misconosciuta poetessa Margaret Moore Meuttman, e poi un po' di esprit manga à la Tezuka di La storia dei tre Adolf. Ma oltre alle reference, dentro la sesta uscita di Lilith ci sono azione, coerenza, autentici groppi allo stomaco e una urgenza narrativa rara per un prodotto seriale. Vero è che lavorando su una miniserie semestrale Luca Enoch ha più spazio di manovra del medio autore Bonelli. Ma gli va dato atto di aver affrontato la sfida con questa periodicità "impossibile" con una lucidità quasi Kubrickiana, trasformando ogni appuntamento con la bambina perduta in un centro pieno. Difficile dire se sarà vera gloria, visto che Lilith è in assoluto la meno chiacchierata di tutte le produzioni di Via Buonarroti. Sarebbe bello che sì, però. Perché come dice il fumetto stesso, la bellezza dura mille anni. Chapeau. E arrivederci fra sei mesi. (Anche su Gang Bang, fra l'altro).

6 commenti:

Chiara Trabella ha detto...

La cosa pazzesca di Enoch è che riesce a crearti un'aspettativa forte su una serie semestrale. Non è normale "aspettare" un'uscita per 6 mesi senza dimenticarsene, soprattutto per noi italiani abituati alle serie mensili. Eppure in tanti hanno spasimato per Gea (io sono stata più fortunata, l'ho scoperta l'estate scorsa e mi son potuta comprare tutta la serie in poche settimane) e in tanti spasimiamo per Lilith.

Unknown ha detto...

Io Gea non l'ho gradita molto. Questione di sensibilità, credo. Però sì, per Lilith spasimo eccome.

Unknown ha detto...

E non so tu, ma a me quello Scuro lì non la conta mica giusta.

Chiara Trabella ha detto...

Già. Ha troppo l'aria del simpaticone per esserlo davvero.

Unknown ha detto...

E di Brian Enoch non mi racconti nulla?

CREPASCOLO ha detto...

Non sei mai a corto di risorse, nevvero ? Pochi lo ricordano. E' facile trovare un nerd irrecuperabile che sappia chi si cela dietro gli pseudonimi Fergal, Adam Austin e Gino Latino, ma di Brian Enoch SANNO in pochi e ancora meno hanno voglia di ricordare.

Primi anni ottanta - un pezzo dei Judas Priest suonato al contrario induce un giovane Tiz Sclavi a proporre a SBE - quando ancora non si chiamava SBE - di serializzare qualcosa come MM & Goofy secondo la traccia di Paz. Gonzo Journalism + Baghdad Cafè a 94 tavole. SBE non ama il metal, a parte una rara incisione di Cielito Lindo dei Pantera che gli ha regalato Toppi, ma sono gli anni del blockbuster con Celentano e la Muti e anche cose come Bella & Bronco sembrano in grado di catturare un pubblico sufficiente a garantire il primo albo a colori ( tradizionalmente il cento ndr ). Per farla breve ( ! ), arrivano i placet e Tiz affida lo script del primo numero di Dylan Dog a Stano che è perplesso ( '' è + una cosa per le spugnette intrise di Roi '' ), ma accetta perchè sta pasturando in vista di uno special di Cico, personaggio che adora ( '' è come quel ragazzo palla della Legion of Supercosi DC, ma con i baffi '' ). Decide di firmarsi Brian Enoch perchè Sclavi dice che assomiglia a quel tizio che suona con i Roxy Music, la band di Red Ronnie pre Donna Mor.
Il primo numero di DD è sul tavolo di SBE insieme ai dati del reso della prima annata di Bella & Bronco. D'Antonio sembra Bogey negli ultimi 5 min di Solo Chi Cade Può Risorgere. La storia di un alano antropomorfo che gira gli States stigmatizzando il grottesco nel Sogno Americano ( coevo dello Swamp Thing di Moore e sei anni prima dello Shade di Milligan ndr ) non sembra la risposta giusta al referendum proposto ai lettori attraverso quel western alternativo con la Marcuzzi ante litteram ed il tizio de La Bamba. Il primo Dog sparisce nel limbo insieme a Brian Enoch. Pazienza.