venerdì 25 giugno 2010
Ombre nel Buio
Ci voleva coraggio per infilare gli Anni di piombo in un fumetto popolare.
Alessandro Bilotta e Ivan Vitolo ci hanno provato sul quarto numero di Valter Buio.
È andata bene? Poteva andar peggio.
Ma anche meglio.
La tesi di "I nostri debitori" scorre nel solco della antica provocazione pasoliniana secondo cui fra movimentisti e celerini, meglio stare dalla parte dei celerini, loro sì autentici figli del popolo e non rampolli borghesi col cashmirino tarlato ad arte e il culo al caldo. E fin qui, tutto bene.
L'asino comincia a zoppicare in un monologo finale che sembra preso di pacca dai più trucidi editoriali dei giornali berluscones: per i terroristi non ci può essere perdono, perché "hanno disposto della vita e della morte", e "dopo pene irrisorie" ora occupano "i principali luoghi di potere italiani", "direttori di testate giornalistiche, parlamentari, scrittori, opinionisti, stimati intellettuali". Già qui occorrerebbe distinguere il grano dal loglio. Perché è vero che non tutti i protagonisti di quella terribile stagione hanno onorato i propri debiti. Ma molti hanno pagato o stanno ancora pagando per i crimini commessi (e in alcuni casi, vedi Sofri e Fioravanti, probabilmente anche per quelli non commessi). In più, aver fatto parte di organizzazioni extraparlamentari come Lotta Continua o Potere Operaio non è esattamente come aver fatto parte di un gruppo di fuoco delle BR o di Terza Posizione.
Ma c'è dell'altro. Nella sua arringa, Alessandro ha rimosso tutte le responsabilità assunte dal governo durante gli Anni di piombo. D'accordo, il fumetto popolare non è e non può essere graphic journalism. Ma cancellare disinvoltamente dal quadro chi ha sfruttato cinicamente vittime e carnefici per mantenere e consolidare potere e status quo, anche in un quadro globale che in qualche modo lo imponeva, è un omissis che non rende onore al lodevole intento iniziale.
E i servizi deviati? E le stragi di stato? E i morti ammazzati strategici come Aldo Moro? In 96 pagine di fumetto a tesi, peraltro ben documentato, sarebbe bastato un accenno in un balloon. Invece, niente. Nada. Nix. Francamente, viene da chiedersi perché.
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4 commenti:
Consideriamo però anche il pubblico a cui è diretto questo tipo di fumetto, Andrea. In questo senso il monologo finale l'ho trovato coraggioso: in quanti in Italia sanno che ex-appartenenti a gruppi eversivi, per quanto non di fuoco, occupano EFFETTIVAMENTE posizioni importanti nella politica, nell'informazione, nella cultura? L'italiano medio ha rimosso da un pezzo, e per me in questo senso ogni goccia di passato, per quanto generalista e assolutista, può essere preziosa per farsi domande sul presente.
Vero. Però non dimentichiamoci che è lo stesso Paese in cui i ventenni pensano che la strage di Bologna sia opera delle Brigate Rosse. Ignorare il ruolo dello stato negli Anni di Piombo, a mio parere, limita molto il potenziale del discorso. Questo, senza nulla togliere al lavoro di Bilotta e Vitolo.
Si poteva osare un zinzinino di più, effettivamente: una volta lanciato il discorso ci voleva poco (o meglio, un'altra buona dose di coraggio) per accennare che il terrorismo non era neanche lontanamente solo quello affrontato in questa storia.
Però potrebbe essere un inizio, un altro tassello nella direzione giusta dopo Caravan n. 6 e prima di qualcosa di più aderente alla realtà storica.
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