lunedì 28 aprile 2014

San Pdoria


Rigore mortis è quando grande arbitro celestiale fischia: Vujadin forever.

giovedì 24 aprile 2014

Leonardo di carpio

Noi siamo figli delle stelle

Da Vinci's Demens, seconda stagione.
Stesse cazzatone della prima, della quale non si poteva non dire tutto il male possibile, e infatti modestamente lo dissimo. Ma a questo giro, meno, ehm, aderenza storica e più cazzeggio: invece di una versione più camp de I Borgia - ma si può essere più camp de I Borgia? - ne esce un feuilleton cappa e spada assolutamente maccosa ma di discreta sapidità, con sentori di Zagor, Cimino/Scarpa e Matteo Renzi. Finalmente affrancato dal confronto con il Mito, Tom Riley/Leonardo accumula mossette e travestimenti à la Johnny Depp, surfandosi in souplesse gli why e i because di una trama che frulla un 10% di fatti storici, un 10% di cospirazionismo esoterico e un 80% di stilemi fifties, coi rinascimentesi che inciuciano con i Conti di Monteminchia, le spade bilama i sommergibili a pedali gli aztechi e tutto il cocuzzaro. Ascolti in calo, almeno negli Usa, almeno per ora. Volendo, si potrebbe rimediare con una theme song postuma di Ivan Graziani: Nel Dementoverso, egli è vivo e lotta insieme a noi. Sapevatelo.

mercoledì 23 aprile 2014

Fava


Cinebrivido

Fava, ma ora non fa più. Grazie di tutti i bei films.

venerdì 18 aprile 2014

Aereosòla

Aggiungi didascalia

È soprannominato "Lightning", "Fulmine", e infatti è vulnerabile ai fulmini. Ha un HUD che va in tilt come i vecchi coin-op a 8 bit. È più lento dei caccia russi e cinesi, ma anche di quegli scassoni di Eurofighter. Viene assemblato negli States, ma costruito un po' qua un po' là su ben 8 linee di montaggio sparse in tutto il mondo. Last but not least, viene 155 milioni al pezzo, più o meno come tre spending review. E indovina un po': il ministero dell'artiglieria del Paese che tutti noi amiamo ne aveva ordinati 125, ora scesi a 90, per una spesa totale di 13.950.000.000 euro (esclusa manutenzione, sui 10 miliardi di euro l'anno). Un grande affare, ma solo per la Lockheed-Martin, che questo bidone volante è riuscita a piazzarlo in tutto il mondo, e giustamente al business ci tiene. "F35 - L'aereo più pazzo del mondo", il libro scritto da Francesco Vignarca per Round Robin, racconta una storia sordida nel metodo (la truffa) e nel merito (l'irresistibile bisnìss degli armamenti). Da leggere e far leggere il più possibile, si sa mai che a giochi quasi fatti un po' di sana indignazione popolare instilli in chi di dovere un minimo di senso della vergogna.

martedì 15 aprile 2014

The Doctor Is In



Dunque: i cattivi sono una mandria di furbantoni che se ne vanno in giro con le loro motorhomes sulle highways degli Stati Uniti. Ogni tanto trovano uno con la luccicanza, e se lo ciucciano come una lattina di Bud Light, ma solo dopo averlo torturato a dovere, perché è più buono.
Tu leggi leggi e proprio non ce la fai a non pensare a Nicholson che se ne va in giro in camper in A proposito di Schmidt. Il che fa strano, visto che il libro è il sequel di Shining, dove Nicholson faceva quello che faceva e insomma, ci siamo capiti. L'avrà fatto apposta, King? Io dico di sì.
Chi dice che il Dottor Sonno fa paurissima, boh. Cioè: se ti fa paura, tipo, Twilight, allora il Dottor Sonno fa cacare sotto. Al contrario di Twilight, però, Doctor Sleep è scritto con i controcazzi, ci ha dentro tutte le minchiatine alla Stephen King tipo i soprannomi buffi, le cose normalissime che viste sotto un'altra luce sembrano di gran lunga più pese e un po' di ragazzini/e a rischio finaccia. Un difetto strutturale grosso c'è, perché buoni > cattivi fin da pag. 168, quando King comincia a scaldarsi, quindi il divertimento non sta tanto nel cosa, ma nel come.
Però, se qualcuno trova un altro libro spesso quanto le pagine gialle da farsi fuori in tre/quattro giorni sfruttando ogni momento utile per leggere, me lo faccia sapere che corro a comprarlo.
Dovessero farci un film, spero in Christopher Nolan: dopo Inception, i sogni son desideri.

TAS, il nemico ti ascolta

A me mi ha fottuto "Chronicle"


Una spolveratina di polvere magica Marc Webb la concede sul finale, in una scena vagamente Richard Donner che evoca in un'unica soluzione il potenziale iconico di Spider-Man e il suo valore in termini di commodity. Una lacrimuccia, isolata. Per il resto, il secondo ragno-film di Marc Webb ha i pregi e i difetti di tanti cinefumetti recenti: un plot telefonato con giorni di anticipo, un diluvio di effetti digitali 3D efficaci ma discontinui, un par di sequenze d'azione ben congegnate e un comparto narrativo a misura di tredicenne non troppo esigente. Aurea mediocritas, insomma, del genere che una mezzoretta di girato in meno e un minimo di limature alla sceneggiatura in più avrebbero sicuramente giovato. E invece: trovatine interessanti à la Wikileaks accennate e poi mollate lì. Pagine epocali della ragno-story accumulate e sciorinate sullo schermo con indubbia grandeur visiva ma senza alcuna gravitas, un po' come come nel Man of Steel di Zack Snyder. Personaggi pronti a passare al lato oscuro just like that. Troppi, troppissimi registri narrativi tutti insieme. E la netta sensazione che la distanza della Sony dalla continuity cinematografica stabilita dai Marvel Studios, più che una fonte di libertà creativa, stia cominciando a diventare un limite. Per qualche spunto più intrigante e perturbante, arrivederci al futuro passato di Bryian Singer. Nel frattempo, linea a regazzini-ini-ini e hardcore fan del personaggio: il film è dedicato a loro, non a noi. Menzione speciale per Hans Zimmer, Johnny Marr e Pharrell Williams: musiche tremende, da Paraolimpiadi anni 80.

giovedì 10 aprile 2014

Noah: la recensione

Profondità


Aderenza


Ecumenismo


Dramma


Azione


Conclusione


DISCLAIMER per quelli che Ma in fondo, The Wrestler era una figata e pure Il Cigno nero aveva i suoi momenti: questo post è da considerarsi alla stregua del segnale captato dal computer della "Nostromo" all'inizio del primo Alien. You've been warned.

mercoledì 9 aprile 2014

Pesce lesso

Non comprate questo fumetto

Mi frizzo e Mi lazzo

Comprare questo fumetto significa condannarsi a ridimensionare un buon 50% dei fumetti italiani, americani, francesi o giapponesi mai usciti in edicola a quello che sono realmente: roba che si dimentica in fretta. Autolesionismo allo stato puro.
Comprare questo fumetto implica la conversione al western. E ad altri generi poco up-to-date - dalla commedia, al political drama, al romanzo rosa. Che qui di horror o di splatter ghe n'è minga.
Comprare questo fumetto comporta il serio rischio di buttarsi a sinistra. Tendenza Berlinguer.
Comprare questo fumetto obbliga a ripensare l'arredamento di casa. E a recuperare almeno almeno un metro di solidi scaffali. Roba in grado di regger il dolce peso delle cose che restano.
Comprare questo fumetto vuol dire riscoprire il piacere del riso. Della commozione. Dell'amore platonico. Cose molto private, che portano fatalmente a prendersi del tempo per sé, togliendolo a tutto il resto.
Comprare questo fumetto fa venir voglia di fare i fumettisti. Oggi come oggi, è più rischioso che fare i cowboy.
Comprare questo fumetto ricorda a ogni pagina quant'era grande Sergio Bonelli, spacciatore di giornaletti che a metà anni settanta portava in edicola roba come questo fumetto, appunto, e Mister No.
Comprare questo fumetto è un investimento rischioso: son trant'anni che noi bischeri si aspetta il finale della storia, e a questo giro speriamo che ci si arrivi.

giovedì 3 aprile 2014

Mi ricordo i Thompson Twins





Gente che negli anni 80 stava ai piani bassi della catena alimentare insieme con commessi dei negozi di animali da compagnia, leghe umane, paradisiaci diciassette e compagnia cantante. A risentirli, neanche malissimo, tenuti in piedi dal mix trucco/parrucco/riff assassini di Nile Rodgers. Finale tristissimo, con divorzio artistico e sentimentale a concluder il gemellaggio. Sigh.

martedì 1 aprile 2014

Videoburrito fuori porta





I vantaggi delle gite fuori porta secondo Sergio Lizarraga e la sua Banda MS.

Orrore humanum est

Mettiamoci una pietra tombale sopra
Dice che i giornalisti di fumetti non è gente. Che il girone della critica è in mano a troll, stronzacchioni assortiti e franchi tiratori sempre pronti a spalar merda a gratis contro tizio o caio per il puro gusto di farlo. Vero o falso? Ah, saperlo. Nel dubbio, meglio sempre girare con la manopola dell'onestà professionale sul massimo, che tanto prima o poi errori e omissioni vengono a galla.
Per esempio, sul paperback numero diciassette di The Walking Dead, Michele Foschini scriveva di aver malauguratamente rimbalzato la pubblicazione dell'opera di Kirkman & Co. Io annoto, e sull'annuario del fumetto FdC appena uscito nelle edicole accenno a un "no di Bao Publishing" alla pubblicazione della saga. Giusto? Sì, anzi, no. A ben guardare, il gap fra il debutto italiano della saga zombie e l'outing di Michele Foschini fa tanta differenza: all'epoca del fattaccio, Bao era ancora di là da venire, e il gran rifiuto batte le bandiere più lontane e stinte della Indy Press. Obiezione accolta, annali del fumetto raddrizzati e titoli di coda. Però la quarta serie del serial Tv resta sempre una merdaccia, e su questo non si accettano precisazioni, sia ben chiaro.