giovedì 12 ottobre 2017

Il richiamo della fogna



Un difetto c'è, nel nuovo IT di Andy Muschietti: troppo, davvero troppo Pennywise per un film di due ore e 10. Tutto il cinema Anni '80 che il film omaggia più o meno consapevolmente girava intorno a una struttura a salire, con il mostro in scena in dosi sempre più massicce fino allo showdown finale. Qui, il rispetto del romanzo originale mette il diabolico pagliaccio danzerino sempre al centro del palco, con l'effetto collaterale di un incedere un po' anticlimatico.
Ma, ehi! È il problema di far stare cinquecento pagine dentro due ore di pellicola.
La buona notizia è che l'assenza di una vera e propria escalation non azzoppa uno spettacolone riuscitissimo che con un po' di gore e allusioni in meno avrebbe trascinato al cinema legioni di ragazzini e che dopo frotte di aspiranti Freddie Kruger senza carattere, senza storia e senza palle restituisce il centro della scena a un signor Babau.
Bill Skarsgaard è il miglior erede in cui Tim Curry potesse sperare, con una performance altrettanto fisica e inquietante, tutta squittii, tic nervosi e facce di gomma. I "nuovi mostri" cuciti dal regista sulla ambientazione Eighties del film funzionano alla grande (e ce n'è uno talmente presente, caratterizzato e inquietante da rubare quasi la scena al pagliaccetto. Quasi). La messa in scena è talmente accurata che qua e là sembra quasi di sentire il tanfo delle fogne di Derry.
Ma la parte migliore è il cast tutto ragazzino: un'orchestra affiatata, che sfugge con destrezza alla trappola del birignao incarnando alla perfezione l'essenza del Club dei perdenti.
Il cuore del film è tutto lì, ed è quello che gli dà gusto. La morale è che in fondo in fondo siamo tutti un po' Pennywise, anche noi spettatori che stiamo lì a tifare per i Losers godendoci però il loro terrore. Una bella lezione di metacinema, in attesa di un secondo capitolo che visto da qui sembra lontanissimo.