Dice: vai a Brighton che ti diverti.
È un po' la Rimini del Regno Unito.
Se è l'alba dei favolosi Eighties®, ci hai diciassettanni, sei un fan di Quadrophenia e dell'inghilterra hai visto giusto Londra, a Brighton ci vai. Accidenti se ci vai.
Io ci vado, certo nella mia fede in Roger Daltrey e C. Tragico errore strategico. Perché proprio come nei film Brighton è piena di angry young men. Solo che quegli angry young men lì sono incazzati con la Tatcher per la disoccupazione, e con qualunque turista dai tratti latini per la storia delle Falkland.
Quindi finisce che sfrutto la vacanza studio per andare a lezione di body language, sniffando le molecole di testosterone intorno ai tizi col parka o col chiodo che incontro per strada e se è il caso cambiando marciapiede.
Passerò tre settimane a perfezionare il mio fiuto e le mie performance nello slalom.
Per il resto, rimembro nettamente:
1) il Burger Off, un diner dove facevano degli hamburger mica male quando da noi Burghy era ancora molto di là da venire;
2) La Eko a 6 corde del mio compagnuccio Marco Foresti, affidatami per sicurezza in un parchetto mentre lui andava a pisciare e sfondata a colpi di Doc Martens da 3 punk ubriachi senza che io dicessi bah;
3) Il mare schifoso marroncino con la ghiaia al posto della sabbia e un sacco di pazzoidi che ci facevano il bagno nonostante tutto;
4) I pomeriggi passati nelle arcade dirimpetto il Palace Pier a sputtanare ten pence dopo ten pence ai videogame il tutto quando ten pence erano ten pence;
5) Big Daddy;
6) Supper's Ready dei Genesis sparata a volume terrificante nel mio walkmen a cassette nella mia cameretta brightonese, al buio, guardando la luna oltre le tende.
Ora che mi viene in mente, a Brighton non sono più tornato. Fine.
sabato 7 luglio 2012
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