mercoledì 29 giugno 2011

Mi ricordo il Paninone


Stava in via Cesare Correnti ventitré. A cinque minuti da casa dei miei.
La lista dei panini era lunga così. C'erano il paninone Classico, il Cosacco, il Marinaro, il Calabrese e un sacco di altre varianti che col tempo ho dimenticato. Anche perché la ricetta era sempre la stessa. 35 cm di mollica gnucchissima con dentro due fettine da 1 mm di prosciutto e due fettine da 1 mm di fontal marca boh. Lo volevi Marinaro? Aggiunta: due acciughe sott'olio. Lo volevi Cosacco? Spruzzatina di vodka scadente. Lo volevi calabrese? Due pezzetti di melanzana grigliata e via. L'eventuale strollata di olio piccante era un gentile omaggio del management, ma a guardare il contenuto del barattolo di vetro poggiato sul banco, brrrividi, quindi niente.
Date dimensioni e consistenza del panino, finirlo era come ingollare un materasso di lana con le molle e tutto.
A preparare i panini era un automatrone ciccio che teneva lo sguardo fiso sul bancone di fronte a lui. Occhio vacuo, canotta macchiata, sudorazione ippica, cicca accesa perennemente innestata all'angolo destro della ciabatta, accoglieva gli avventori con l'entusiasmo di un najone a 24h dall'alba. Mai percepito una parola né un sorriso in anni di militanza.
Il Paninone era minuscolo. minuscolo e buio. Oltre la vetrina c'erano tre tavolini. In fondo a destra, un juke-box che nessuno usava mai. Avventori abituali: una prostituta molto anziana e un pensionato decrepito. A qualunque ora passassi, loro erano sempre lì, al loro posto. Lui, a lato dell'entrata, sulla destra; lei, in fondo al locale, sulla sinistra. Fermi e zitti come sculture di Ron Mueck sullo sfondo della tappezzeria color caffè.
Con cinquemilalire, al Paninone, ti facevi una lattina di birra e una coca. Normalmente, io ci passavo a tarda notte, in preda a una fame chimica da buco nero, prima di tornare in branda.
Un amico una volta mi ha detto che quando il Paninone ha chiuso, una quindicina di anni fa, gli storici avventori del locale sono arrivati lì alla spicciolata per una specie di festa d'addio a base di Cosacchi, Marinari, Mignotte birra e olio piccante.
Non ho mai appurato se è vero, ma sarebbe bello se lo fosse.

1 commento:

Sergio ha detto...

Incappo solo ora e per caso in questo post e mi commuovo (si fa per dire, visto l'argomento): il Paninone! Allora c'è qualcun altro in giro per la Rete che lo rimembra con parole dolci (più o meno)...
Lo hai descritto alla perfezione, davvero.
Però io e i miei amici d'allora - s'era tipo intorno al 1991 - quel juke-box lo facemmo andare: c'era inopinatamente un vecchio successo di Santana, e allora vai di monetine, mentremasticavanmo la melanzana sott'olio!