In Messico, i mezzi pubblici li chiamano "camion". Con l'accento sulla "o", ma sempre "camion".
Capacità limitata, intorno alla quarantina di passeggeri. Motori Mercedes con velocità regolata dalla computadora, ma non si sa intorno a quale limite, vista la media sugli ottanta all'ora. Tutti gli optional kitsch previsti dagli stereotipi sui messicani, dai pomelli del cambio a palla otto ai copri-retrovisore in finto cincillà, una sciccheria.
Si sale davanti, si scende da dietro. Il biglietto costa sei pesos, più o meno trenta centesimi di euro a cranio. Da pagare direttamente all'autista, che mentre guida dà i resti, telefona, fuma, magna churritos, controlla l'olio, legge il giornale, fa il sudoku. Abbonamenti, zerella, al massimo sconti pensionati che funzionano a coupon.
Fermate e percorsi sono a discrezione del piloto. Un po' perché qui il trasporto pubblico è privato, e conteso fra tre-quattro cooperative di tagliagole che pur di tirar su un pendolare in più ammazzerebbero la mamma. Un po' per un retaggio dei bei tempi andati, quando per rimediare un passaggio su un pesero bastava posizionarsi a un angolo di strada e tirar su il ditino. Una abitudine dura a morire, che fa a pugni con le paline e le pensiline abbandonate per la città come vecchie battone demoralizzate. L'elasticità dei percorsi e delle fermate, ovviamente, va tutta a danno dell'utenza. Chiedere informazioni al conducente sul percorso prima di salire non ha senso, perché tanto pur di staccare un biglietto in più sarebbe capace di dirti che ferma anche sotto casa tua a Milano, il che comporta clamorosi errori di rotta e relative scarpinate. Poi, a volte i bus vanno ma non tornano, o tornano seguendo altri percorsi.
Il codice della strada dello stato di Jalisco non prevede i pedoni, né l'uso della freccia, che qui è ridotta a puro orpello ornamentale, quattro luci di posizione perennemente accese che con i loro bei bagliori ambrati fanno pendant coi neon blu sotto le auto. Mi spiegano che da queste parti la precedenza non esiste, la regola è che chi ciocca contro un altro mezzo ha sempre torto e paga pegno: questo potrebbe spiegare lo stile di guida stile 24 ore di Indianapolis, con le camionetas grandi come monolocali che ti tagliano la strada da destra o sinistra, in curva, agli incroci, nella meraviglia del suono stereofonico ranchero mixato allo stridio di pneumatici e lamiere. (va be', per l'on the road ripassiamo un'altra volta).
Gli autisti di Guadalajara son gente informata. Ieri sera, di ritorno da una gita fuori porta a bordo del 51 C, il piloto mi chiede da dove veniamo. "Italia", gli dico. E lui: "Aaah, Itttalia... Mucha crisis para allà. Mejor aquì". E poi, con una strizzata d'occhio: "Berlusconi presidente. Las muchachas...".
Sono sceso, come terrorizzato dal presagio di un brujo.
Il cartello più vicino indicava Nogales.
venerdì 11 gennaio 2013
The Road (maccartismi messicani)
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