lunedì 14 gennaio 2013

Plastic Mexico

Una confezione di fiocchi di granturco da 620 grammi, lunga larga e profonda quanto una valigetta 24 ore. Un mattone di burro spalmabile da 600 grammi. Un flacone di detersivo da 7 litri con tanto di rubinetto, che altrimenti riempire il misurino è come versarsi un bicchiere di vino direttamente dalla botte. Bottiglie di Tequila da 5 litri e petti di tacchino da 5 chili. Vaschette di gelato da un gallone. E le marche: da quelle global come Zara e Benetton, a quelle locali come Scappino e Ozone, dal casual di Sportenis all'impossibile accoppiata fra gelati e patate fritte di Dany Yo. Chi vive nella beata convinzione che il Messico sia quello dignitosamente povero, ruvido e dolente dipinto da Winslow, Jannacci o Leone dovrebbe venire a schiarirsi le idee in una delle tante Plazas che costituiscono l'unica autentica attrazione di Guadalajara. Come nel sogno americano al piano di sopra, nella Plaza tipo lo struscio è metodico, il brusio ipnotico, il consumo bulimico, puro Koyaanisqatsi. E pazienza se i Macjobs abbondano e gli stipendi medi oscillano fra un terzo e un quarto di quelli italiani, fra i più depressini d'Europa. Se non hai soldi, puoi pagare tutto, anche le scarpe, in sei comode rate mensili. Già, ma per tenere aperto uno shopping mall al cui confronto i nostri iper sembrano negozietti etnici, i consumi devono girare in proporzione. Qui, solo la bolletta della luce se la gioca con quella di una piccola città. E chi ha i mezzi per riempire questi mostri, sette giorni su sette, dalle dieci di mattina alle dieci di sera? L'hinterland, mi dicono. Come Milano, Guadalajara è città di commercio, con gli abitanti di Buguggiatepec, Bustotitlan, Cinisellobalsamohuac e limitrofe che, le tasche farcite di dollari accumulati nei campi o nelle officine, tutti i giorni calano sul centro stoico come lucuste. Dieci milioni di anime spendaccione, affamate, disposte a tutto pur di somigliare almeno un po' agli americani veri, quelli che fino a ieri stavano meglio, e oggi un po' meno. E forse, sotto sotto, il punto sta proprio qui: forse, in ogni scontrino, in ogni sacchetto, in ogni camioneta stracarica che vedo entrare o uscire dai parcheggi, ci deve essere anche il piacere della rivalsa. E quello non ha prezzo.

Nessun commento: