Si comincia con uno stralcio da Time datato 28 dicembre 1936. La triste vicenda di un tipografo ungherese che per una delusione d'amore tentò il suicidio ingoiando i caratteri in piombo corrispondenti al nome della fidanzata. Da lì comincia il gran viaggione nel mondo dei font, un tempo appannaggio di pochi iniziati, oggi croce e delizia di chiunque smanetti su un Pc.
Anche qui, te pareva, c'è l'i-zampino di Steve Jobs: è a lui, fulminato esteta dell'era digitale, che dobbiamo l'invenzione di Chicago e Toronto, la riscoperta del Garamond, così chiamato in onore del tipografo francese che l'inventò, o i guizzi scombiccherati del San Francisco, il set di caratteri fatto con le lettere ritagliate dai giornali, come le richieste di riscatto nei film. Ma Jobs è (stato) solo la punta dell'Iceberg: perché la storia dei caratteri tipografici è una storia lunga, curiosa e maledettamente divertente. Tanto da tirarci fuori un libro.
Ci ha pensato Simon Garfield, Che con Sei proprio il mio typo - La vita segreta delle font (Ponte alle grazie, 352 pagine, € 15,30) puccia il pennino nel mondo della bella calligrafia e ne svela i tanti misteri. Un libro imprescindibile, non fosse altro che per dare un nome, un cognome e un movente agli inventori dei typeface più iconici: parafrasando Sir Arthur Conan Doyle, potremmo parlare del Mastino del Baskerville. Però l'Helvetica non si batte.
venerdì 1 giugno 2012
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1 commento:
must have it
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