All'aereoporto di Linate, un intervistatore della Doxa ci intrattiene per una ventina di minuti con una ripassata veloce di letture bibliche.
All'aereoporto di Francoforte, subito prima di salire sull'intercontinentale per Mexico City, mi casca l'occhio sulla targhetta attaccata al bavero dell'hostess Lufthansa che ci controlla le carte d'imbarco. C'è scritto "G. Hell".
salgo sul 747 targato Tedeschia con il culo stretto come dopo una scorpacciata di limoni, convinto di essere finito in un mio personale reboot di Final Destination. Alla faccia dei presagi, la morte deve avere di meglio da fare, e ci lascia lì per le successive tredici ore a goderci le propaggini dell'uragano Sandy, tre-quattro brutti film visti nel modo peggiore, cioè sgranati su uno schermo da nove pollici, l'ordinatissimo e abbastanza orrido rancio Lufthansa e un gatto che da un trasportino tre file avanti alla mia miagola disperato per buona parte del viaggio.
Come da copione, non chiudo occhio.
Io e la Ele sbarchiamo in suolo messicano distrutti dalla stanchezza, alle quattro del mattino ora italiana. Persa una buona mezz'ora a identificare i nostri anonimi trolley in una ammucchiata di altri trolley altrettanto anonimi, saltiamo su un taxi de sitio scelto accuratamente fra i più cari di Città del Messico per andarcene in alberto a dormire per qualche ora. Stamattina, giro veloce di Plaza de la Constitucion, una puntata in Calle Moneda a fotografare qualche scheletro agghindato a festa, un'occhiata sguincia alla spianata del Templo Mayor e via, al volo, di nuovo all'aereoporto per schizzare a Gadalajara.
Dove arriviamo nel primo pomeriggio trovando una città molto americana nell'accezione migliore del termine: una spruzzata di gigantismo, una dose generosa di kitsch, molta vivacità. E una temperatura irreale intorno ai ventisette gradi. Che, insieme al pensiero di mia figlia, mi seduce definitivamente, convincendomi ad aggiungere una tacca al mio elenco di angoli del Messico che per un motivo o l'altro mi sono rimasti nel cuore.
Stasera, birra Modelo e tacos fantastici di lingua, di cotiche, di carne arrosto alla taqueria Providencia. Domani, finalmente, trasferimento in auto a un centinaio di chilometri da qui. E il primo incontro con la creatura. Ce ne sarà da raccontare.
giovedì 1 novembre 2012
Di nuovo in Messico
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