martedì 15 luglio 2014

Cane da caccia (leggi: "da cacciare")


Per chi coltiva il sogno di fare fumetti, o di leggerne di belli davvero, ci sono storie che non c'è verso di lasciarsi scappare. Opere paradigmatiche per l'inventiva o l'efficacia dei testi o dei disegni. Avventure che non invecchiano, perché nella narrativa come nella vita le macchine perfette non si scassano mai.
In questo senso, i primi 59 numeri del Ken Parker di Berardi e Milazzo sono un'autentica miniera d'oro. Qualità media alta, spesso sopra le media del periodo, almeno per una collana popolare. E una decina di numeri indimenticabili, da leggere e rileggere e ancora e ancora e ancora perché ogni volta è come la prima volta.
Così, questa settimana, vale la pena di correre in edicola a procurarsi il numero 13 della serie. Come tutte le storie migliori di Ken, Lily e il cacciatore è una storia che frulla insieme tanti generi, dal fantasy alla commedia al western revisionista, al romance. E riesce a farlo attraverso gli occhi di una cagnetta, che fin dalle prime vignette ruba la scena al protagonista (putativo) della serie. Citazioni da Battaglia, flashback "a matrioska" e un racconto in due atti che sarebbe piaciuto a Jack London o Fenimore Cooper e che riesce nel miracolo di far convivere respiro epico e intimismo, panza e cervello, coraggio e terrore: tutti gli estremi della condizione umana, scritti e disegnati benissimo. Godimento doppio per chi ha un quattrozampe in casa. Ma non è un requisito minimo di sistema, sempre che il cuore batta al ritmo giusto.

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