Apesritivo |
Un maschio adulto di scimpanzé pesa circa ottanta chili. E rispetto a un uomo normale, ha una forza pari al triplo. Se ci aggiungiamo la dentatura, oltre a un sistema operativo più affine a quello di King Kong che ai pagliaccetti pelosi dei vecchi film con Johnny Weissmuller, capire i potenziali production values del nuovo Il pianeta delle scimmie - Apes Revolution di Matt Reeves viene piuttosto facile. E infatti, al di là di una trama tanto lineare e shakespeariana da sembrare profilata su tutti i box office del pianeta, Revolution funziona a livello di puro stomaco, di conflitto fra dionisiaco e apollineo, di opposti estremismi post-moderni, di scene di lotta di classe alla City Hall. È subito intrattenimento familiare old school, insomma: roba più sporca e viscerale dei vecchi film di Franklin J. Schaffner e dal brutto remake di Tim Burton e un bel po' più manichea del reboot di Rupert Wyatt. Un Balla coi lupi con le scimmie nude nel ruolo delle giacche blu e i primati nel ruolo dei pellirosse, dove l'effetto speciale distopico e straniante sta tutto in una condizione umana ormai irrimediabilmente minoritaria e loser. Nel gran varietà cavernicolo e cavernoso della Frisco futuribile, tutto si tiene: la famigliola nucleare che sembra scappata dal set di Falling Skies, la suddivisione tranchant fra belli/buoni e brutti/cattivi, la comune tensione verso l'obiettivo borghese di una vita fatta di commodities - cibo, energia, armi, utensili, un tetto sulla testa, magari gli antibiotici…roba che in altri tempi avremmo considerato stucchevole, ma che in un mondo massacrato dal turbocapitalismo fa ancora la sua porca figura. E sì, al finale non troppo happy ci si consola pensando che da questa parte dello schermo le cose non vanno ancora così male. Poi apri i giornali, e la scimmia sale, sale, sale.
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