C'è tanto Buñuel, ne "Il gioco lugubre" di Paco Roca. Tanto Buñuel, un bel tocco di Stoker, una sfumata di Guillermo Del Toro, un pizzico di Sale, nel senso di Tim, molto, moltissimo Dalí. Sarebbe piaciuta all'artista spagnolo questa operina gotica densa di disturbante appeal però ben celato dietro un approccio grafico facile facile, quasi infantile? Magari, anche sì: se l'improbabile ma documentata liaison fra il performer di Figueres (nientemeno) e Walt Disney (nientemeno) fosse andata oltre il cortometraggio forse, diciamo forse, ne sarebbe uscito anche un qualcosa sul tipo del fumetto di Roca. Che, a un tot di tempo fa dalla edizione full-color alla francese realizzata da Alessandro, torna in libreria per i tipi di Tunuè riconvertito dallo stesso Roca in un formato piú intimista, quasi monocromatico, più consono alla epopea draculesca di Salvador Deseo alias Dalí con l'accento acuto sulla "I". Ottanta pagine di eros più thanatos più humour nero più sole e salsedine più sangue e merda scritte e disegnate con impeccabile misura ed efficacia. Una fiaba spietata, chirurgica, senza compromessi, in grado di dare un salutare scossone anche ai lettore più navigato. sconsigliato l'ingresso in sala ai deboli di cuore. Fanno dodici e cinquanta, grazie.
sabato 2 marzo 2013
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