Cara de Nopal: è questo il nick che i messicani di sangue indio appioppano a chiunque sfoggi capelli corvini, pelle ramata, piega mongolica e naso aquilino. Ed è davvero una discreta faccia di cactus il Saguaro che la premiata ditta Bonelli & figli sta per piantare in tutte le edicole dal 26 maggio in poi. Il Dna è un distillato di tutto il pantheon di via Buonarroti. Thorn Kitcheyan detto Saguaro ha il carisma solare e roccioso di Tex, il fiuto di Nick Raider, l'allergia per l'ordine costituito di Mister No, l'istinto picaresco di Zagor. Castagna vincente e grilletto facile glieli hanno imparati in Vietnam, dove ha rimediato anche l'approccio no-nonsense all'esistenza: neanche un sorriso in 98 pagine, benedetto figliuolo. Tecnicamente, l'amico vorrebbe farsi i cazzi propri, tanto che a pag. 5 si compra una roulotte nel bel mezzo del nulla come Michael Madsen in Kill Bill. Ma come nella migliore tradizione del fumetto seriale, i cazzi altrui svolazzano all'altezza che sappiamo. E quindi.
Buoni presagi del primo numero: la filologica (e filosofica) ambientazione di frontiera. Lo stile minimalista di Bruno Enna, che semina ovunque briciole di lingua Navajo, folate di vento e parole toste come pietre ("Qui, quando piove, l'odore dell'asfalto fodera persino i polmoni": minchia, signor tenente). Un cast di comprimari fra Rodriguez e Monicelli in cui tutto si tiene, compresi bambini e falchi lupo. Very good anche il cinemascope di Fabio Valdambrini (ex Mister No, ex Demian, ex Cassidy), cui però daremmo un voto in meno perché infilare fra i villain Francesco Pannofino è una barbarie che non ammette perdono, che mentre sei lì sul climax dici cioè, cazzo, Pannofino! e questo ti porta totalmente FUORI dalla storia e dentro il tuo quotidiano.
Ecco, a voler essere proprio ipercritici si può dire che Saguaro è un fumetto molto easy, molto classico, molto radicato nella Bonelli Way. Una bella sterzata verso la tradizione rispetto a Lilith, Caravan o Shanghai Devil. Ma qui si sterza nella polvere, con il sudore che chiazza la camicia, lo stridio di un rapace nelle recchie e il pensiero fisso di una sorsata di birra fredda giù per il gargarozzo.
È già un bello sterzare, via.
sabato 19 maggio 2012
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8 commenti:
Io invece scommetto ciento euri che farà caghèr.
e per la cronaca, le pagine sono 94 e nelle edicole uscirà il 26
Famo 96 + 4 di cover e non se ne parli più.
Sull'uscita, prendo atto. O magari anche no.
Già dalle anteprime (e più ancora, fino al mese scorso, dalla mancanza delle stesse) lo vedevo male, ma a leggere le impressioni di chi lo ha letto in anticipo sembra veramente una roba uscita dagli anni '80... lo faranno a pezzi.
Comunque ne riparliamo verso il 26.
Come scrivevo più su, è un fumetto molto più bonelliano di tutti i prodotti usciti da via Buonarroti negli ultimi anni.
Detto questo, al netto della necessità di introdurre l'ambientazione e il cast della serie, mi pare che Enna & C. si stiano sforzando di fornire al nostro una personalità e un carisma degno dei suoi colleghi più illustri. E di questo bisogna dargli atto.
D'accordo, ma era quello che dicevano anche di Nick Raider, ricordi? E già allora parlavano di un fumetto "nato già vecchio", praticamente una trasposizione del ranger nel presente con un'infarinata di Starsky e Hutch e di Beverly Hills Cop.
Poi nonostante questo è durato la bellezza di 200 numeri, ma erano altri tempi, altri lettori... il lettore "da forum o da blog" di oggi non ci andrà certo per il sottile, e il resto della fauna fumettistica meno smaliziata si è negli anni drasticamente ridotto.
Boh, magari mi sbaglio.
Da un punto di vista delle potenzialità narrative, credo che Saguaro abbia un respiro maggiore rispetto a NR, irrimediabilmente giallo/noir e irrimediabilmente integrato in quanto sbirro bravo e buono.
Sul lettore da forum e da blog, onestamente, non mi pronuncio: credo che anche in quel contesto il fumetto Bonelli abbia una sorta di "Golden Share", e che stia reggendo piuttosto bene la concorrenza di proposte più, ehm, alla moda.
Oh, alla fine mi è piaciuto.
Lui non è il massimo dell'originalità, ma l'ambientazione è molto affascinante e lo scrittore sa fare il suo mestiere.
In più se si calcasse un minimo, nei prossimi numeri, sulla spiritualità appena accennata in questo albo d'esordio si risolverebbe anche la stereotipizzazione del protagonista "scolpito nella roccia".
Insomma, i numeri ci sono.
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