Aprendo "Un uomo violento", attesissima avventura diabolika di stringente attualità, sento correre un brivido lungo la schiena. Strizza giallognola? Macchè: più che altro, la consapevolezza che saranno tipo tre quattrocento anni che non leggo un numero del Re del terrore, nel frattempo giunto all'anno LI della sua storia editoriale.
Realizzo, nell'ordine:
1) Che hanno cambiato il solido cartoncino dei bei tempi con un cartoncino nuovo plastificato sbarlusc;
2) Che la SAME di via Algarotti ha chiuso i battenti, quindi non potrò più ordinare la crema per far crescere i peli sul petto, le scarpe coi tacchi berlusconi per crescere di tipo 15 cm in un botto solo, gli occhiali ai raggi X, la Spypen ecc. ecc.;
3) Che ora, in coda all'albo, compaiono anche i credits delle storie. Nel caso specifico, Mario Gomboli, Tito Faraci e Patricia Martinelli (soggetto e sceneggiatura), più Sergio Zaniboni, Giorgio Montorio e Luigi Merati (Disegni).
Per il resto. niente di nuovo sotto il sole. Retini, retini, retini dappertutto. Clerville e dintorni come non luoghi svizzerotti assai. Diabolik ed Eva Kant fra vizi pubblici e privatissime, borghesissime virtù. E nomi e cognomi, argh, sempre bilingui: Genoveffa Livingstone, Carletto Miller, Luciano Frufru, Gorni Kramer...
Insomma, tutto come LI anni fa. perché il segreto del successo di Diabolik è quello di rinnovarsi restando sempre apparentemente uguale a se stesso. Un pregio-difetto che ha sempre diviso il pubblico in due categorie: quelli che amano Diabolik e quelli che no.
Personalmente, sono sempre stato uno di quelli che no. Ma pur nel mio snobismo un po' esterofilo un po' Linusiano un po' di panza, non posso che zerbinarmi di fronte a questo piccolo apologo disegnato sulla violenza contro le donne. Perché sarà schematico, didascalico, affidato a un cast irrimediabilmente stereotipato. Scritto e disegnato con in testa un pubblico ben più facile dei Diabolik fuoriserie riletti da Mario Bava o dal duo Faraci-Palumbo. Però dimostra che dopo LI anni di avventure, l'eroe che fu di Angela e Luciana Giussani ha mantenuto la sua formidabile capacità di parlare alla pancia del lettore medio, insieme con la voglia di stare sempre dalla parte del torto. Lo stesso fuoco molto politico e sottilmente ipnotico delle fighissime sorelle diabolike che lo partorirono quel dì: roba che brucia ancora sotto la cenere nerissima del giallo a fumetti per antonomasia.
giovedì 24 maggio 2012
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1 commento:
Luoghi svizzerotti ? Trovi? Ho sempre pensato che Clerville fosse come l'isola del Prigioniero, se il serial fosse stato girato, con quattro lire, da un Rogercorman nostrano dalle parti di Vittor Pisani, Staz Centrale alle spalle, illuminaz da fallout sospeso tra estetica di Chris Nolan e video Dancing with Tears in my Eyes degli Ultravox. I retini come correttori/evidenziatori della polaroid della fine del mondo. Mi pare di vedere un possibile sviluppo. Gli ultimi dieci minuti prima della risposta finale. Genoveffa Livingstone e Carletto Miller emergono dalla Staz Centrale sotto un cielo bianco abbacinante. Gena ha mollato il marito, Gorni Kramer, dopo anni di liti in tribunale per decidere chi dei due avesse introdotto il fattore K nei fumetti italiani ( " Kramer vs Kramer " ).
Carletto Miller è lo pseudonimo di un cartoonist americano che non ama "Genius" Gena, ma l'ha sedotta per scoprire il segreto del fattore K ed applicarlo alle sue storie di peccatori soli contro il mondo ( " la signora Livingstone, suppongo... " attaccò il marpione ). Non è tempo di indugiare. Carletto, il principe di mostri fuor di sesto che terminano i loro giorni con un pigiama di frecce o nelle braccia del Vecchio Scintillone, chiede alla sua ex sig.ra Kramer come si vira al nero e Gena consiglia di abbondare con i retini. Era così semplice ! Un mondo in cui la cellula è un pallino che potrebbe crescere ed inseguirti come la palla che rotolava dietro il Prigioniero! Cinque minuti a Ragnarok. Il tempo per una corsa da Mac. La cena dei retini ?
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