sabato 22 agosto 2009
Can che abbaia
I narratori americani si dividono in due categorie.
Ci sono quelli che sanno scrivere e hanno idee della Madonna.
E poi ci sono quelli che sanno scrivere e scrivono.
Don Winslow è uno del club di quelli che sanno scrivere e scrivono.
Nei suoi romanzi, metafore simbolismi o doppie chiavi di lettura stanno a zero. Il messaggio è: mettiti comodo e lasciati servire, che poi ti diverti.
E infatti ci si diverte.
"L'inverno di Frankie Machine" aggiornava l'epica di western crepuscolari come "Gli spietati" al noir in stile Ellroy.
Ora in libreria c'è il suo nuovo romanzo, "Il potere del cane". Presente il "Romanzo Criminale" di De Cataldo? Be', qui l'autore ha applicato lo stesso schema narrativo da docu-fiction all'epopea dei narcos messicani fra gli Anni 70 e gli Anni 90. La storia è quella delle relazioni pericolose fra la politica statunitense degli ultimi trent'anni e passa e la criminalità organizzata dal Messico in giù. Winslow la racconta usando come tramite tutti gli archetipi letterari del caso: l'uomo di legge ossessionato dalla propria missione, il capomafia nobile e spietato, il killer dalla faccia d'angelo, la puttana dal cuore d'oro, il prete di frontiera, il pistolero in cerca di redenzione. La piccola guerra fra il detective e il cartello della droga del Sinaloa si interseca con la grande guerra fra l'amministrazione Usa da Nixon in poi e il Pericolo rosso. Il risultato è un romanzo che frulla insieme per 714 pagine verità scomode, personaggi irresistibili e uno stile facile ma non banale.
Non un classico, iinsomma.
Ma per dirla con Massimo Carlotto, un "noir sociale" sontuoso e possente.
Che scivola via velocissimo, e resta addosso ben oltre l'ultima pagina.
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