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Situazione curiosa, quella in cui versa attualmente il mercato del fumetto Usa. In confronto al piattume degli anni 90, c’è molta più varietà. Però. sfiga vuole che le proposte interessanti portino la firma di editori indipendenti come Image, First Second o IDW. Dalle major, solo “eventi”. Con tante virgolette, perché l’inflazione pesa anche sulla valuta dell’immaginario, e lo stupor mundi è ridotto al lumicino.
Finché tocca alla Marvel, passi. La Casa delle idee, sui colpi di teatro, ci ha sempre marciato. Spesso, sfuttando al meglio le infinite potenzialità di un pantheon che ha il male di vivere nel suo Dna. Gli eroi della DC, in questo senso, patiscono l’handicap di un vissuto troppo classico, troppo carico di storia e di gloria. E infatti, in versione “lacrime e sangue” non hanno mai convinto. Peggio che mai quando la publishing house presieduta da Paul Levitz ha tentato di inseguire la Marvel sul piano dei crossover
fine di mondo.
Il che ci porta a “Crisi Finale”, l’evento che ha rimodellato l’Universo DC per sempre. O meglio: per sempre, finché le vendite di Superman, Batman & C. non torneranno a calare, creando le premesse per nuovi cataclismi.
Come da copione, a guardare il numero 1, la montagna ha partorito il topolino. E già che c’era, ha fatto strame della dottrina ufficiale, tritando in un polpettone grossolano e indigesto eroi e mitologie che fin qui avevano dimostrato una tenuta narrativa più che discreta. Prendiamo Martian Manhunter, il segugio di Marte: nato nel 1955, in decenni di battaglie era riuscito a conquistarsi un posto d’onore nel cuore dei lettori grazie al lavoro di ottimi autori come J.M. De Matteis, Mark Badger, Joe Kelly e Grant Morrison. Il suo ruolo in “Crisi Finale” doveva essere l’innesco di tutta la vicenda. Ma lo stesso Morrison e il disegnatore G.J. Jones hanno liquidano il fattaccio in due vignette due. Il resto è puro Who’s Who of the DC Universe. Di un plot intelleggibile, neanche l’ombra.
Dice: ma non si può giudicare una miniserie di sette volumi dal primo.
Ehhh.
Ma se io dichiarassi al mondo di voler dare alle stampe il crossover definitivo dell’universo DC, punterei a una partenza col botto, non a una roba stile quanti-personaggi-ci-stanno-in-una-cabina-telefonica. L’idea del “director’s cut”, poi, peggiora ulteriormente le cose: oltre al danno di 32 pagine di vuoto, c’è la beffa delle 16 che seguono. Il commentario a due voci in cui Morrison e Jones fanno lingua in bocca su quanto siamo bravi e quanto siamo belli, e la sceneggiatura originale del primo volume.
Un po’ pochino, per quattro euri e novantacinque.
A questo punto, masochismo per masochismo, tanto vale ordinare l’hardcover originale: trenta dollari, e passa la paura.
E in una soluzione unica, anche la Crisi sembra più sopportabile.
Sempre che.