mercoledì 10 gennaio 2007

Macchiette rosse


Gli antichi maya erano un popolo raffinato, creativo e ostinato. Disboscavano giungle intere con asce fatte di legno e selce. Si erano inventati il calendario gregoriano con tredici secoli di anticipo. Avevano un linguaggio meravigliosamente fiorito, e un pantheon che contava centinaia di divinità. In due parole: avevano fascino. La stessa luce che oggi brilla negli occhi di tutti gli Tzotzil, i Cakchiquel e i Lacandones persi fra le montagne, le vallate e gli altos del Centroamerica. Per non parlare di tutte le altre etnie maya: in tutto sono una quindicina.
In "Apocalypto" di Mel Gibson, di tutto questo non c'è traccia. I suoi maya sono una versione aggiornata degli apache scotennatori dei vecchi film western: idioti, brutali, inutilmente crudeli. Macchiette rosse come gli schizzi di sangue che punteggiano il film. Che non racconta nulla, e si dimentica in fretta.
Meglio metter via i soldi del biglietto per qualcosa di più interessante. Tipo i saggi di Linda Schele, Eric Thompson o Victor Von Hagen. O i romanzi di Rodrigo Rey Rosa. Anche fra quelle pagine, scorre emoglobina in abbondanza: ma è sangue blu. Diffidare delle imitazioni.

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