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Tre
Eisner Awards non sono uno scherzo. David Mazzucchelli se li è guadagnati in souplesse con un'opera che sembra fatta apposta per far discutere.
Asterios Polyp rinnova il topos molto americano della "second chance" con un lavoro di cesello che frulla insieme archetipi junghiani, musica, letteratura greca, architettura e molto altro ancora. L'artista un tempo noto come quello di
Batman: Year One guida questa macchina con una lucidità, una finezza e una meticolosità di fronte alla quale non si può che rimanere ammirati.
Ma per dirla alla Mario Brega,
che è fumetto questo?
La domanda ci sta. Insieme con la sensazione che buona parte del fumetto adulto attualmente disponibile sia
altro da sé. Che nasca più come balsamo per l'ego che per la volontà di raccontare. Albi a fumetti come prototipi da collaudo, come opere concettuali, come capi da sfilata: irraggiungibili per il lettore medio, condannato a smarrirsi in un mondo che dei fumetti ha mutuato solo le nuvolette e la griglia, rinunciando a ogni pretesa di intrattenimento, evasione, consolazione. Splendidi oggetti nati per quelle élite che possono permettersi di capirli, apprezzarli, esporli come
conversation piece o per le pagine culturali dei quotidiani a grande tiratura.
Nel frattempo, il gap con il fumetto popolare si allarga. E chi fino a qualche decennio fa poteva contare su un mondo che riusciva a far convivere senza troppi sforzi ansie autoriali e sano intrattenimento, oggi si ritrova schiacciato sul confine opposto del fumetto art-house: quello di Tex, Diabolik o Cornelio. Con pochissime eccezioni, in gran parte mutuate dal mercato francese.
Il giardino in cui Pratt, Magnus, Battaglia & C. coltivavano delizie, oggi, è un deserto sterminato. Gran peccato, perché la terra potrebbe dare ancora buoni frutti. Se solo qualcuno ci lavorasse un po'. In primis, gli editori.