L'orrore, l'orrore |
La vera storia della bambola Annabelle.
Quella sì, era genuinamente disturbante.
Il problema è che il film del carneade John R. Leonetti, già DP di un tot di film di paura serie tv e altre pinzillacchere, quella storia lì la risolve nel giro di un'inquadratura. E di storia ne racconta un'altra, che frulla insieme roba già vista e stravista da L'Esorcista a Poltergeist a Rosemary's Baby a The Ring fino al recente The Conjuring - L'evocazione, di cui questo Annabelle è uno spin-off. E on top of that, ci sono tutti, ma proprio tutti i luoghi comuni di ogni fumettaccio brutto che si rispetti: gente che si mette in casa bambole orrende dicendo va' che bello, gente che va in cantina nottetempo mentre fuori son tuoni e lampi, gente che affronta il Male con la emme maiuscola in rigorosa solitudine.
Ne esce un horror da sei politico, telefonato con mezz'ora di anticipo nella trama e nei momenti bù, decente sul piano della messa in scena e delle interpretazioni, raffazzonassimo nella scrittura, con personaggi presi e spostati qua e là ad minchiam come bambole di pezza, appunto, e spunti potenzialmente interessanti assolutamente sprecati. La sufficienza passa attraverso l'approccio tutto suspense (e niente gore) e all'idea di trattare l'orrida bambola come un incolpevole strumento del male, senza derive alla Chucky. Una trappola evitata con rozza eleganza.
In ogni caso, un film importante: non tanto per la qualità intrinseca, ma per il brivido involontario offerto dallo stato dell'arte del cinema horror Made in Usa. Un tempo, autentica fucina di terrori dal formidabile potenziale eversivo e oggi stanca masturbazione di organi sensoriali ormai irrimediabilmente ammosciati. Cercasi luccicanza disperatamente.
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