Il commissario e i basettoni |
Nel Paese che tutte le stragi le hanno combinate le Brigate Rosse e Adolf Hitler lo collochiamo negli Swinging Sixties, una fiction come Gli anni spezzati è servizio pubblico senza se e senza ma: hai visto mai che fra il cast piacione (Solfrizzi, Boni, Fantastichini...) e il linguaggio didascalico qualche casual viewer riesca a raddrizzare i suoi personali libri di storia.
Partenza ieri sera, con la prima parte del dittico sul commissario Luigi Calabresi, amato/odiato a prescindere a seconda degli schieramenti ma comunque protagonista di due episodi tremendi: la morte non troppo accidentale dell'anarchico Giuseppe Pinelli, passato direttamente dagli uffici della questura di Milano al camposanto nel tempo di aprire una finestra, e la sua propria, attribuita ufficialmente alla banda Sofri/Bompressi/Pietrostefani e mai chiarita fino in fondo.
Sorprendentemente (per mamma Rai), la prima puntata di Il commissario non nasconde le zone d'ombra del pasticciaccio di via Fatebenefratelli. Anzi: non siamo agli sguardi acidi e grotteschi dell'Indagine di Petri, ma le autorità ci fanno una discreta figura di merda, con più sabbiature che su una spiaggia della riviera Romagnola e un vago e chissà forse consapevole retrogusto satirico che regala al prodotto una insperata dignità. Production values decisamente sopra la media. Si poteva combinare qualcosa di più in termini di regia, vista la lezione dei Sollima dei Vicari dei Garrone: ma anche così, l'impressione è quella di un libro illustrato con grande mestiere. Ogni marte e mercole su RaiUno per tutto gennaio.
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