Dieci anni senza tabacco.
E senza un orologio al polso.
Senza patate arrosto, fritte o tradotte in puré.
Senza avventure sentimentali.
Rinunce fatte per scelta, per puntiglio, per vanità, per convenienza.
Rinunce compiute magari a fatica, perché senza risico niente rosico, ma comunque a
cuor leggero, con la spossatezza buona di una lunga passeggiata. Rinunce che ti restituiscono tutto
quello che perdi in una forma diversa, più compiuta, più incisiva, più rotonda.
Dieci anni senza Enzo Baldoni. Ucciso, secondo le cronache, il 26 agosto del 2004.
Una rinuncia imposta dal caso? Forse. O forse, lo scontro impari fra il
pensiero rettiliano di un fanatico jihadista e l'apertura mentale di
un grande curioso. Un reporter per hobby armato solo di portatile e fotocamera, oltre che di quel vago senso di invulnerabilità che nasce dalla fede
nella propria fondamentale onestà, dalla capacità collaudata di farsi concavi o
convessi a seconda delle situazioni, dal fiuto, dall'apertura mentale, dalla pura
e semplice fortuna. Che poi, per Enzo andava costruita con l'impegno, il
lavoro, i chilometri, perché il caso va aiutato. Sempre.
Una formula non facile da sintetizzare, ma capace di portare a
risultati insperati: la chiacchierata con il subcomandante Marcos fra le
fresche frasche della Selva lacandona, il tête-a-tête con una soldatessa delle FARC, le vacanze a Timor Est (bevuta gratis a chi riesce a
localizzarlo sulla cartina senza passare per Wikipedia, il Timor Est).
Una formula contagiosa, anche. Forse, per quel vago sentore di
adrenalina che va a braccetto con ogni autentica avventura. Non che ogni volta
debba scapparci un pezzo giornalistico, intendiamoci. Ma il gusto per la scoperta, la testimonianza di prima mano, l'idea di un repertorio di bei ricordi da condividere, la
consapevole ebbrezza di aver alzato la propria personale asticella di qualche
centimetro fanno sempre un sacco di differenza. Che uno faccia il giornalista,
l'operatore di call center, il fumettaro, il barman acrobatico o il militante.
Ecco, chi in questi dieci anni non ha mai smesso di chiedersi perché e
per come Enzo sia arrivato al suo appuntamento con gli assassini che ce l'hanno
portato via può provare a cercare qualche traccia infinitesimale della sua
ratio nei suoi diari. Lo stesso fuoco scoppiettante che anima le storie
dei suoi eredi più genuini: altri grandi curiosi che grufolano per il
mondo alla ricerca di storie da vivere e condividere ben oltre i social. Persone speciali che spesso la pagano cara, come dimostra il caso recentissimo e orripilante di James Foley. E che morendo malamente, in un deserto,
nell'ingannevole cielo azzurro di fine agosto, riscrivono la stessa storia senza riuscire a cambiare il finale.
Noi figli di un Salgari minore, viaggiatori da scrivania, diversamente coraggiosi che abbiamo avuto il privilegio di fare un pezzo di strada insieme a Enzo, noi che siamo ancora qui a raccontarla, aspettiamo proprio questo: un finale che dia senso alla rinuncia. Fino ad allora, non resta che continuare a seguire il filo della memoria. Anno dopo anno.
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