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Dopo il mezzo passo falso di X-Men 3-Conflitto finale e il canonico, necessario reboot di Matthew Vaughn, la Fox ha restituito gli Uomini X al loro padre cinematografico, un Bryan Singer con il box-office un po' acciaccato dai relativi fiaschi di Superman Returns e ll cacciatore di giganti.
Apparentemente, una mossa arrischiata, anche considerando che il materiale di partenza era una delle saghe più complesse e acclamate della gestione Claremont/Byrne.
Ma l'affetto e la passione di Singer nei confronti dei "suoi" eroi hanno fatto la differenza. Giorni di un futuro passato si colloca fra gli episodi migliori di un franchise che dimostra di avere in corpo ancora parecchia benzina, confermando gli elementi migliori degli X-Men di vecchia e nuova generazione, e innestando su un meccanismo narrativo già rodato e convincente qualche piacevole sorpresa - il Bolivar Trask di Peter Dinklage, o il Quicksilver giovane e cool di Evan Peters, in realtà più simile ai baby-velocisti della Distinta Concorrenza che non all'originale, ma comunque protagonista di una sequenza che da sola vale il prezzo del biglietto.
In un mercato che ormai somiglia molto (troppo?) a quello delle edicole, con una offerta di comic-book movie che ormai toglie respiro e appetito, ritrovarsi appagati all'uscita dalla sala comincia a diventare una gradevole eccezione. Ma l'X-Factor, quando c'è, non tradisce mai. Consigliatissimo.
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